Libri. “Guerriglia” di Obertone tra horror e politica: The Walking Dead (alla francese)

Guerriglia, la copertina
Guerriglia, la copertina

Guerriglia di Laurent Obertone è il miglior romanzo horror degli ultimi anni. Ha un grande merito, lo scrittore francese. Quello di negarci – che gli dèi l’abbiano in gloria – ogni lieto fine. L’opera di Obertone, pubblicata in Italia da Signs Books, è lunga quattrocento pagine che però si leggono agevolmente. Lo stile è crudo, anzi crudele. I personaggi che si muovono sullo scenario di una Francia imbelle e corrotta, vogliosa solo di dimostrare con orgoglio la propria ottusa impotenza, sono (tutti) più o meno negativi. Non c’è nessun eroe positivo, ma tanti cretini che calcano le tavole di un gioco irrazionale, che semplicemente accade, come l’improvviso peggioramento che porta alla morte un malato cronico.

Lo scenario tratteggiato da Obertone è popolato di gente immersa in un sistema marcio che collassa: i media allineati e gli antifa “lavorano” per gli immigrati da cui saranno fagocitati, i politici sono degli infingardi, i militari sono divisi e i vertici corrotti,  gli identitari sono solo dei velleitari, capri espiatori che si offrono a libero sfogo della repressione; la gente normale finisce per credere in buona fede di vivere in un Paese normale e quasi arriva a credere che sia giusto e doveroso subire quel che si sta subendo nel romanzo.

Dall’altra parte ci sono gli immigrati delle banlieue, i jihadisti, i terroristi. Dipinti come un’onda cieca e stupida, che tutto travolge facendone cibo e strame. Praticamente, un’apocalisse zombie, idea che lo stesso Obertone evoca più volte tra le sue pagine. Lo scenario è da fine del mondo, dalla prima all’ultima pagina del romanzo sono la paura, il terrore, la frustrazione, il senso di colpa a uccidere prima ancora che le bandacce.

Guerriglia è il The Walking Dead della società francese, l’Alba dei Morti Viventi di Parigi, dove però non c’è nessuno che abbia la voglia, la forza o la possibilità di resistere o quantomeno di imporre un nuovo ordine sociale e politico.

Nel romanzo c’è chi ha visto l’ennesima, alllucinata, profezia della fine dei nostri tempi. Considerazione rafforzata dal fatto che lo scrittore dichiara di aver preso spunto, nella ricostruzione dei fatti, da rapporti e previsioni redatti dagli esperti di sicurezza nazionale in Francia. Però non c’è paragone con Sottomissione di Michel Houllebecq. È un’escalation continua in cui nessuno fa niente, manco i terroristi che senza internet sono praticamente perduti e sconfitti. Obertone sembra ignorare il piano internazionale e concentrare tutto in tre giorni di fuoco, in cui tutte le decisioni prese, da tutti i personaggi in ballo, sono tutte sbagliate. Più che profezia a sè, dunque, Guerriglia può essere inteso come una sorta di spinoff (catastrofista) di Sottomissione. Sembra ignorare, proprio lui che bastona tutti senza pietà, la gommosa potenza della strategia del soft power, ben più efficace – come giustamente individua Houellebecq – di mille rivolte.

Nel quadro desolato e desolante tratteggiato dall’asso emergente della letteratura francese emerge un barlume di speranza. Che risiede nella solidità dell’istinto della famiglia, nel rapporto codificato tra i grandi e i bambini; sostanzialmente nel recupero del concetto di comunità, che – secondo Obertone – rappresenta una sorta di via del bosco salvifica per l’Europa e l’Occidente. Non c’è spazio per l’eroismo, che è il grande assente del libro e della modernità.

Nota a margine: sarà un caso, sarà forse un abbaglio ma il personaggio del dottor Cachet – psichiatra alcolizzato che straparla e non s’è scordato come si cuciono le budella – assomiglia tantissimo a un tributo a Louis Ferdinand Celine. Le sue, sono le parole più sensate di tutto il romanzo.

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Giovanni Vasso

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