Il caso (di G. De Turris). Come resistere ai rigurgiti antifascisti e alla deriva leguleia

Filadelfia

Dunque la Procura di Milano, si è appreso il 4 agosto scorso, ha archiviato le ipotesi di ricostituzione del partito fascista e di apologia di fascismo in base alla Legge Scelba del 1952 nei confronti dei dieci militanti di destra, sul migliaio che vi parteciparono, per la manifestazione del 29 aprile al Campo X del Cimitero Maggiore di Milano dove sono sepolti i caduti noti e ignoti della Repubblica Sociale e dove venne effettuato un collettivo saluto romano immortalato da foto finite in Rete e quindi sulla stampa. Non venne effettuato altro e non c’erano slogan e bandiere. L’episodio suscitò le ire funeste della prefetta del capoluogo lombardo e del suo sindaco, oltre che gli anatemi dell’onnipresente ANPI e della presidenta della Camera.

Ci si deve rallegrare solo in parte di questo risultato, dato che la magistratura, Cassazione compresa, è ondivaga  sulla fattispecie, ma esso è significativo dato che in Parlamento è sempre in discussione la Legge Fiano (dal nome del parlamentare piddino primo firmatario) che inasprisce e fiscalizza, ampliandole a dismisura, le norme delle Leggi Reale e Mancino (che di certo non saranno abrogate, ma si sovrapporranno) e che, con il suo elenco di minuziose fattispecie in sostanza si presenta come una legge che istituzionalizza il reato di opinione sino ai limiti del ridicolo, come per il divieto di vendere busti del Duce, calendari “fascisti”, vini con etichette “nostalgiche” e via di questo passo. Se ne sono accorti addirittura quelli del M5S che non brillano certo per cultura.

Ci sono varie considerazioni da fare in merito.

La prima, più generale, è che l’Italia, paese di legulei,  è la nazione che produce più leggi al mondo, ne abbiano una pletora infinita che si sovrappongono nel tempo, complicano le interpretazioni, si contraddicono, in un intreccio inestricabile  per chi deve interpretarle e applicarle.. Lo dicono tutti i nostri giuristi, ma senza risultati: il Parlamento continua a sfornarne  di sempre più complesse e farraginose che, nella loro minuziosità si illudono di prevedere tutto il prevedibile dell’argomento di cui sii occupano, spessissimo  futile e settoriale.

Allo stesso tempo, ci si illude che queste leggi tanto specifiche, siano un deterrente nei confronti di une nuovo reato previsto. Due casi recenti, quello del “femminicidio” e quello dell’ “omicidio stradale”, chiesti a gran voce da una parte della pubblica opinione eccitata da lobby, associazioni consumatori varie e mass media, che non hanno certo portato ad una diminuzione di questi casi, al contrario sembra che quasi li abbiano incrementati. Nessuno viene frenato dalle gravi pene previste. Invece di inventare nuovi reati con nuove complicate  leggi, sarebbe  stato sufficiente indicare pesanti aggravanti specifiche per reati già previsti dai Codici. Era la via più semplice e logica, ma non è stata presa nella minima considerazione perché si doveva accontentare, ad esempio, la potente lobby della “teoria gender” e così introdurre il termine assurdo “femminicidio” nel nostro vocabolario anche giuridico (“maschicidio” per un assassinio uguale e contrario nessuno si sogna di usarlo!).

Lo stesso accadrà per la Legge Fiano, se verrà approvata nei termini generici e al tempo stesso stringenti in cui è stata proposta.

A mio parere se ne vedono già gli effetti, vale a dire in questo caso una singolare escalation quasi provocatoria e che viene enfatizzata dai mass media dandole enorme visibilità (un collegamento causa/effetto ben noto, ma che i giornalisti sembrano ignorare). Dai precedenti casi della festa in costume fascista organizzata da una scuola di Rona, al micro partito che ha il termine “fascismo” nel none e che ha eletto una rappresentante nel consiglio comunale di un paesetto, alla plateale manifestazione al cimitero di Milano di cui si è detto, sino alla insegnante quarantenne che si definisce “fascista” sul suo profilo Facebook, subito oscurato d’autorità quando il caso è uscito sulla stampa (e se questo non è un impedire la manifestazione del proprio pensiero cosa è?), sino ai grotteschi  casi di “fascismo balneare”: il gestore di uno stabilimento a Chioggia indagato dalla… Digos (!) e  messo sotto inchiesta dalla locale Procura dopo che la solertissima Repubblica antifascista aveva documentato l’affissione di cartelli  con frasi non firmate ma attribuibili a Mussolini; e la comparsa in una piscina di Empoli di costumi da bagno maschili con la scritta posteriore “Boia chi molla!”, che probabilmente avranno indignato l’ANPI e la Boldrini per bilanciare la cui offesa sarebbe allora il caso di commercializzare slip femminili con scritto, ma sul davanti, “Me ne frego!”. Per non parlare infine del caso degli “auguri” per il compleanno del Duce…

Che vuol dire tutto questo? A me danno l’impressione di essere consapevoli atteggiamenti provocatori che nascono come risposta proprio all’atmosfera esagerata, e ridicola insieme, di un antifascismo militante che si vuole riaccendere. Una reazione umorale di fronte a questi rigurgiti allarmati e allarmistici che provengono anche da certe alte istituzioni che ne parlano spesso a sproposito. Pensando di usare il pugno di ferro contro queste manifestazioni tra il serio e il faceto, una legge repressiva come quella di Fiano & C. non farebbe che incrementarle, proprio per la sua illogica durezza per un reato di opinione rispetto ad altri reati . Un po’ come una reazione uguale e contraria.

Sicché credo che la cosa migliore non dovrebbe essere l’insulto plateale contro l’onorevole piddino, l’invettiva pubblica e privata, le scritte minacciose nei suoi confronti in Rete, sui muri e sulle porte, ma il contrario. Di fronte a queste reazioni non si ottiene altro che far dire a costoro: vedete, abbiano ragione, il fascismo monta, si diffonde, è pericoloso, dobbiamo arginarlo, fermarlo, con una legge pignola e più dura sul piano pecuniario e su quello carcerario. Dovrebbero, questi signori, chiedersi invece perché, a quasi cento anni dalla sua fondazione e a oltre settanta dalla sua sanguinosa caduta, le idee del fascismo e la figura di Mussolini (che pure ci ha portato ad una guerra malamente perduta) attraggono ancora non i reduci ottantacinquenni, ma i giovani e i giovanissimi. Nonostante che la nostra Costituzione “più bella del mondo”  nella sua norma transitoria (che quindi doveva essere superata) divenuta perenne, vieti la ricostituzione del PNF, e nonostante le Leggi Scelba e Mancino. Una domanda cui non hanno mai saputo dare risposta.

Di fronte a questo rigurgito a scoppio ritardato di antifascismo si dovrebbe tenere i nervi saldi, ragionare a mente fredda, non rispondere alle provocazioni ed evitare impulsi rabbiosi e viscerali, anche se è difficile soprattutto per i giovani, istituivi e irruenti. Si deve però cercare di farlo per non cadere nella trappola, peggiorare la situazione e fornire argomenti agli altri.

La reazione più efficace dovrebbe essere, ritengo, da un lato il ragionamento storico-politico-sociale, anche se ci si trova di front alla pura irrazionalità, ma soprattutto nei casi più adeguati l’ironia, la satira, la presa per i fondelli, lo sfottimento, il buttare tutto nel grottesco, nel paradossale, ribaltando le accuse. Questo colpisce di più e a fondo, morde e azzanna, è difficile replicare ed impossibile passare per vittime della “violenza fascista”, anche se gli antifascisti, ANPI in  testa, sono campioni di vittimismo spalleggiati dalle “grandi firme” dei “grandi giornali”, tuttologi che non avrebbero fatto la carriera che hanno fatto se non fossero stati antifascisti dichiarati e conclamati (altri, non meno letterariamente bravi e giornalisticamente preparati di loro che di questa caratteristica non si sono voluti fregiare, non l’hanno mai fatta).Io credo che la linea più efficace e produttiva potrebbe essere questa, al contrario le aggressioni verbali e scritte forniscono l’alibi migliore per dire che una nuova legge contro il “pericolo fascista” è indispensabile: vedete? Ecco lo squadrismo dei neofascisti del XXI secolo!

Al fondo c’è un grave problema: può una democrazia che si vanta di essere tale usare sistemi antidemocratici tipici delle dittature, come reprimere la libertà di pensiero per proteggersi da pericoli spesso presunti? Può quindi mantenere norme transitorie dopo 70 anni e vietare che sia oggetto di referendum la forma statuale repubblicana (coda di paglia per i brogli del referendum istituzionale del 1946)? Un pensiero che ovviamente non deve travalicare certi limiti e regole, altrimenti si rientra negli articoli del Codice penale. Può una democrazia vietare di scrivere e di affermare certe cose sul piano ideologico? Può oscurare giornali, libri e internet? Può imporre codici linguistici per sanzionare chi non li rispetta, vedi l’UNAR, ufficio creato dalla ministressa berlusconiana Prestigiacomo, che se ne vanta ancora, e che ha creato soltanto polemiche per le sue decisioni ridicole? Può evitare partiti e associazioni, convegni e presentazioni di libri? Può impedire l’uso do certe parole e di certi simboli? Nell’arco di oltre 70 anni non c’è riuscita ed ora cerca leggi ancora più repressive, con il risultato che potrebbe ottenere l’effetto contrario. Ridurre… “in clandestinità” chi si sente ingiustamente represso, favorire il… “mercato nero” di busti del Duce e altri souvenir del Ventennio, di fermacarte con il fascio, di vini “Mussolini” (mentre quelli “Stalin” sono vendibilissimi)? Ma non ci si rende conto di quanto tutto ciò sia una pagliacciata? Intanto un risultato è stato raggiunto: che qualche bello spirito ha seriamente proposto di eliminare tutti i simboli fascisti scultorei e architettonici di cui l’Italia è ancora piena  dopo sette decenni, ma di cui la gente comune non si preoccupa affatto, non ne è affatto “turbata”. Vabbè che l’antifascismo è, soprattutto dopo il 1994, l’unico collante di certi politici di centro e di sinistra altrimenti divisi su tutto, ma la cosa pare alquanto esagerata. L’unico nemico resta sempre il fascismo in agguato dietro la porta di casa dei cattocomunisti?

Ma illustrissimo e antifascistissimo onorevole Fiano, lei che è tanto preoccupato per le sorti della nazione, si è letto l’intervista all’attore Massimo Popolizio (Corriere ella Sera, 6 agosto), interprete del film Sono tornato? Sulla scorta di un libro e di un fil di successo tedeschi dove il protagonista redivivo era Hitler, qui si immagina il ritorno di Mussolini nell’Italia di oggi. Dice Popolizio: “La cosa impressionante è che una parte del film è fatta con una candid camera  e i più giovani non sanno chi sia Mussolini”. Onorevole Fiano, dovrebbe essere arcicontento dei risultati di una scuola così antifascista da essere finalmente riuscita a far ignorare ai ragazzi cosa fossero il fascismo e il suo Duce, alla faccia del ministro Luigi Berlinguer che voleva si studiasse il Novecento. Ebbene, di fronte a questi straordinari risultati di incultura  ritiene lei ancora necessaria la sua legge ultra-repressiva per un pericolo tanto sconosciuto? Il film magari sarà un fiasco e farà incazzare i “nostalgici”, o al contrario otterrà un successo clamoroso di pubblico. Verrà in tal caso ritenuto “apologia del fascismo” e sequestrato? Ma si rende conto?

Certo, far ragionare gli antifascisti trinariciuti è difficile, anzi impossibile, sono fideistici non razionali, ma dovrebbero meditarci su. Ma può una nazione seria preoccuparsi se nelle edicole si vende un “calendario Mussolini 2018” (se ne vedono già…) o nelle enoteche il vino “Dux”, promuovere una caccia alle streghe mobilitando la Digos ? Suvvia, siamo seri!

@barbadilloit

 

Gianfranco De Turris

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