58 giorni. Dopo il funerale, le prime accuse a chi aveva isolato Falcone con dolo

Giovanni Falcone26 maggio 1992. “Temo proprio che questa terra sia dannata”, dice lo scrittore Gesualdo Bufalino ai microfoni del Gr1 della Rai. Oscar Luigi Scalfaro arriva a Palermo, la sua è una visita improvvisa: depone una corona di fiori sul luogo della strage e fa qualche incontro, tra cui quello con i parenti degli agenti di scorta morti con Falcone.

Sono passate poche ore dal funerale e le prime accuse iniziano a venire a galla, i colleghi più vicini a Falcone ora possono difenderlo con forza. Perché Falcone era diventato bersaglio “politico”, oggetto di giochi sporchi e “mascariate” da parte di politici e, soprattutto, di colleghi. Per invidia, per paura.

Riecheggiano sui giornali le parole senza freni di Ilda Boccassini rivolte ai colleghi magistrati: «Giovanni sapeva di dovere morire. Ma gli è toccato morire con l’amarezza di essere lasciato solo. Voi avete fatto morire Giovanni Falcone, voi con la vostra indifferenza, le vostre critiche. Non potrò mai dimenticare quel giorno a Palermo, due mesi fa, quando a un’assemblea dell’associazione magistrati le parole più gentili per Giovanni, soprattutto da sinistra e da Magistratura democratica, erano di essersi venduto al potere. Mario Almerighi lo disse, “Falcone è un nemico politico”. E un conto è criticare la superprocura, un conto è dire – come il Csm, i colleghi, gli intellettuali del fronte antimafia – che Falcone era un venduto, una persona non più libera dal potere politico. C’è tra voi chi diceva che le bombe all’Addaura le aveva messe Giovanni o chi per lui. Abbiate il coraggio di dirlo adesso, e poi voltiamo pagina. Se pensate che non era più autonomo, libero, indipendente, perché andate ai suoi funerali? Dalla Chiesa non può andare ai funerali, Orlando non può andare. Se i colleghi pensano che in questi due anni Giovanni Falcone si sia venduto lo dicano adesso, vergogniamoci e voltiamo pagina. Ciao, Giovanni».

Falcone non piaceva alla mafia, non piaceva a tanti magistrati, non piaceva a tanti politici; allo stesso tempo, Falcone aveva la forza di imporsi, di andare avanti, di diventare pericoloso. Un mix micidiale, esplosivo. Che è esploso a Capaci. Il giorno dopo sarà Paolo Borsellino, sul Corriere della Sera, a rincarare la dose, parlerà di “piccole cose” sulle quali iniziava a fondare le sue valutazioni sull’attentato.

Forse si era dovuto fare in fretta. Perché?

Giovanni Marinetti

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