Calcio. Bergomi ricorda la finale dell’82: “Una finale speciale e da celebrare ancora”

(Sportcafè24)
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Sono passati trentacinque anni da quella che è stata davvero la nostra notte magica, ben prima di Bennato e della Nannini, ben prima dei White Stripes. L’Italia di Bearzot – criticata ai gironi e poi orgogliosamente rinata – espugna Madrid con un tre a uno secco contro la Germania Ovest. Dopo il brivido per il rigore sbagliato da Cabrini, nella ripresa arriva l’uno-due letale dell’icona Paolo Rossi e di Tardelli. Gli Azzurri la sigillano con Altobelli e ai tedeschi riesce solo il gol della bandiera. Tra gli undici eroi, lì dietro, tra i pilastri della difesa, c’è il diciottenne Beppe Bergomi, “zio” già con i baffoni, la tre stampata addosso e un look da Romanzo Criminale, con “tante farfalle dello stomaco”. E’ proprio lui a raccontare a Sky quella notte immortale.

Dopo il rigore di Cabrini, il gol di Rossi

“Fu una liberazione perché la partita fino a quel momento era stata molto spigolosa. Ricordo un sacco di contatti a centrocampo, soprattutto tra Lele Oriali e Ulie Stielike, due tipi tosti. Noi stavamo meglio dal punto di vista atletico. Tatticamente gli avevamo imbrigliati, come è spesso accaduto nella storia dei confronti tra Italia e Germania. Quindi il gol fu la logica conseguenza di questo. Ricordo la furbizia di Tardelli nel battere velocemente una punizione guadagnata da Oriali. Palla a Gentile, cross dalla destra, gol di Paolo di testa”.

L’indelebile ricordo del raddoppio di Tardelli

“Ricordo ogni secondo della sequenza che ha portato a quella rete e poi a quell’esultanza che ha fatto il giro del mondo. In generale ricordo tutta la gara, minuto dopo minuto. Ogni attimo è impresso nella mente. Ma il gol di Marco è in assoluto la prima immagine che ho davanti agli occhi appena penso a quella notte di 35 anni fa. E’ un qualcosa di indelebile. Quel gol era l’orgoglio di Bearzot. Lui voleva giocatori duttili, che sapessero difendere ed attaccare. Ci fu un contropiede. Ci ritrovammo io e Gaetano Scirea, due difensori, nell’area tedesca. Ci siamo scambiati la palla Poi passaggio di Gaetano a Tardelli che ha fatto quel gol. Ricordo tutto molto bene di quell’azione. E, soprattutto, non dimenticherò mai la felicità di Bearzot”.

In finale non per caso, a diciott’anni a marcare Kalle

“Fino alla fine la mia presenza è stata incerta. Giancarlo Antognoni doveva giocare a centrocampo, ma era in dubbio per infortunio. Ricordo che il giorno prima della finale Tardelli venne da me e mi disse:  “Beppe, domani ti tocca marcare il biondo”, riferendosi a Karl-Heinz Rummenigge. A me parse da subito strano, perché i nostri difensori erano tutti in condizione e non c’erano squalificati. Non credevo che Bearzot volesse sostituire Antognoni con me. E invece è andata proprio come mi anticipò Tardelli. Antognoni la mattina dell’11 provò, ma non era al 100 percento. Provò di nuovo dopo pranzo ma nulla. E così alle cinque del pomeriggio, a circa tre ore dalla partita, venne da me il mister e mi disse che avrei giocato Reagii tutto sommato bene. Avevo 18 anni, tante cose le fai sempre con un po’ di incoscienza. Poi, proprio per la mia giovane età, ero un po’ più tranquillo perché avevo dei compagni che mi perdonavano anche davanti all’errore, erano tutti molto premurosi nei miei confronti. Quindi c’era emozione e la tensione giusta”.

Un mondiale speciale, dalle critiche alla gloria

Ha significato qualcosa di semplicemente speciale, non so definirla in altro modo. E questo lo dimostra il fatto che, a 35 anni di distanza, tutti quelli che hanno vissuto quel mondiale, giocatori e tifosi, lo ricordano con entusiasmo. Come qualcosa di forte. D’altra parte non potrebbe esser diversamente. Abbiamo battuto nazionali come Argentina, Brasile e Germania Ovest. Davanti a imprese di questo tipo e contro avversari storicamente ostici, i tifosi non rimangono indifferenti. Ci dissero tante critiche. Ma quelle critiche furono la nostra forza. E’ stato un crescendo. Ovviamente tutto è cominciato dopo la vittoria sull’Argentina di Maradona. È stato bello vedere la carica di quanti arrivavano a Madrid per sostenerci nella finale contro i tedeschi. Allora non c’era ancora Internet, ma quando chiamavamo a casa i nostri familiari ci raccontavano delle piazze piene e della gioia della gente per quel che stavamo facendo. Faremo di sicuro qualcosa a settembre, perché questi 35 anni vanno ricordati e celebrati”.

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