Libri. “La notte di Valpurga” di Meyrink e la celebrazione pagana della primavera

La copertina de "Le notti di Valpurga"
La copertina de “La notte di Valpurga”

Ecco quattro estratti del libro ‘La notte di Valpurga’, di Gustav Meyrink, appena pubblicato dalle Edizioni di Ar, testo che richiama una antica celebrazione pagana della Primavera

In chi è incapace di sentire la gioia, il sole si è spento – e come potrebbe mai diffondere luce, costui?
Perfino la gioia impura sta più vicino alla luce di una triste, cupa serietà -.
Tu mi chiedi chi io sia. L’Io e la gioia sono la stessa cosa. Chi non conosce la gioia non conosce nemmeno il proprio Io.
L’Io più profondo è la scaturigine prima della gioia. Chi non lo adora, è un servo dell’inferno. Non sta forse scritto: “‘Io’ sono il Signore tuo Dio; tu non avrai altro Dio fuori di me”?
Chi non ode e non canta il canto dell’usignolo, non ha un Io; è divenuto uno specchio morto, nel quale vanno e vengono demoni stranieri – un cadavere che vaga, come la luna nel suo fuoco estinto, nel cielo.
Prova! Prova a gioire!
Fra coloro che hanno provato, vi è chi ha chiesto: “Di che debbo gioire?” La gioia non abbisogna di una ragione, essa sorge da se stessa, come Dio. Una gioia che abbia bisogno di un motivo, non è gioia, è solo divertimento.
Così vi è chi vuol provare gioia e, non riuscendovi, ne dà la colpa al mondo e al destino. Egli non pensa: “Un sole, che ha quasi dimenticato il risplendere, come potrebbe disperdere con i suoi primi pallidi raggi aurorali la schiera dei fantasmi di una notte durata millenni?” Quel che uno, durante tutta un’esistenza, ha commesso contro se stesso, non si può riparare in un solo breve istante!

***

“Eccellenza, la solennità si addice a dei bei vasi vuoti. Chi non è capace di sentire le cose serie nell’umoristico, non è nemmeno capace di sentire l’umoristico e il comico che si cela dietro quella falsa serietà, che i bacchettoni considerano come la suprema misura di una virilità dignitosa – e costui cadrà vittima di ogni specie di ingannevole entusiasmo, vittima di quelli che a torto sono chiamati gli ‘ideali della vita’! La suprema sapienza va in veste di pazzia! Perché?”

***

Fu in convento che ella udì per la prima volta la parola ‘amore’: amore per il Redentore, che Polyxena aveva continuamente dinanzi, inchiodato alla croce, con le cicatrici sanguinanti, col costato sanguinante, con la corona di spine grondanti sangue – e amore nelle preghiere, ove le parole tornavano a evocare ciò che sempre vedeva: sangue, martirio, flagellazione, crocifissione, sangue e poi ancora sangue. Infine, amore per l’imagine miracolosa, col cuore trafitto da sette spade. Lumicini dalla luce rosso sangue. Sangue. Sangue. Sangue.
E il sangue, come simbolo di vita, si legò al fervore stesso della sua anima e penetrò corrodendo nel suo essere più intimo.

***

“Sei tu colui che può soddisfare ogni desiderio?”
“Sì, io sono il dio, nelle cui mani gli uomini depongono i loro desideri”, disse il fantasma, interrompendolo, e indicò la pelle: “fra gli dèi, io sono l’unico che abbia le reni cinte; gli altri non hanno sesso.
Io solo posso intendere i desideri; chi è davvero senza sesso, ha dimenticato per sempre che cosa sia un desiderio. La radice profonda e nascosta di ogni desiderio risiede sempre nel sesso, anche quando la fioritura – cioè il desiderio, quale la coscienza desta lo avverte – sembra non aver nulla a che fare con la sessualità.
Fra tutti, l’unico dio misericordioso sono io. – Non vi è desiderio che io subito non intenda e che io non esaudisca.
Però io odo solo i desideri dell’anima. Tali desideri io li porto alla luce, e per questo mi chiamo Luci-fero.”

*La notte di Valpurga di Gustav Meyrink (Collana Il Cavallo alato, pp. 220, euro 20 Per informazioni e ordini: info@libreriaar.com 0825.32239 – www.edizionidiar.it)

@barbadilloit

Red

Red su Barbadillo.it

Exit mobile version