58 giorni. Ventuno anni fa la strage di Capaci, alla Sicilia scoppia il cuore

Strage capaciMaledetto 1992: i 58 giorni che cambiarono l’Italia. Prima puntata.

«CChiu scuru di mezzanotte nun po fari», dice un detto della saggezza siciliana. Il 1992 è stata la mezzanotte della Sicilia. Una mezzanotte lunga 57 giorni: iniziata il 23 maggio e conclusasi il 19 luglio. Da morte a morte, quella dei giudici Falcone e Borsellino. Dopo, la mezzanotte è pure passata. Ma la notte è ancora lunga, e il giorno si svelerà luminoso solo quando scopriremo la verità su quelle due stragi.

Il 1992 è un anno di sangue e tragedia, la storia accelera il suo passo e cambia mille equilibri, non solo in Sicilia. A fine gennaio, la Cassazione conferma le condanne del maxiprocesso. Dopo meno di due mesi, 12 marzo, la mafia uccide Salvo Lima. Sull’omicidio Lima, Falcone dice a Piero Grasso: «Non si uccide la gallina che fa le uova d’oro se non c’è già pronta un’altra che ne fa di più». Andreotti sarà l’unico politico presente ai  funerali di Lima. A Milano, il 17 febbraio 1992, con l’arresto di Mario Chiesa scoppia Tangentopoli. La Prima Repubblica sta per crollare. Ad aprile, dopo varie “picconate”, Francesco Cossiga lascia il Quirinale con 6 mesi d’anticipo. La sua successione sarà una corsa a tre: Craxi, Forlani e, ovviamente, Andreotti.

Mille storie che si intrecciano e sembrano atterrare assieme a Falcone, a Punta Raisi, il 23 maggio. Sono le 17.43. Con Falcone c’è anche la compagna, Francesca Morvillo. E la scorta. Il giudice decide di mettersi alla guida di una delle tre auto della scorta. All’uscita di Capaci, l’esplosione: sono le 17:58. Alla Sicilia scoppia letteralmente il cuore. Il tritolo colpisce in pieno la prima auto: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro saltano in aria. La Croma bianca di Falcone viene travolta dalla terra e dai pezzi di asfalto sollevati. Gaspare Cervello, un altro uomo della scorta, scende dalla macchina, la terza, e subito cerca il magistrato. Falcone, sua moglie e Giuseppe Costanza sono incredibilmente ancora vivi, ma gravissimi. Giovanni Falcone morirà alle 19:07. Tra le braccia di Paolo Borsellino.

La sera del 23 maggio, racconta Giuseppe Ayala, Claudio Petruccioli, che aveva curato le trattative politiche per l’elezione del presidente della Repubblica per conto del Pds, riceve una telefonata da Nino Cristofori, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, andreottiano di ferro. I due s’incontrano e Cristofori dice che Andreotti interpreta la strage di Capaci come un attacco diretto per sbarrargli la strada al Quirinale e perciò rinunciavano.

L’incontro tra Petruccioli e Cristofori avvenne quando ancora non era giunta conferma della morte di Falcone. Violante confidò che Andreani, addetto stampa di Andreotti, gli riferì lo stesso discorso. Craxi non era mai uscito allo scoperto, Forlani si era ritirato dalla corsa e adesso toccava ad Andreotti.  Intanto, in Sicilia, per Paolo Borsellino inizia il conto alla rovescia.

Giovanni Marinetti

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