Ritratti. Cent’anni fa nasceva una donna d’acciaio: Federica di Grecia (1917-1981)

Federica di Hannover (Blankenburg, 18 aprile 1917- Madrid, 6 febbraio 1981)
Federica di Hannover (Blankenburg, 18 aprile 1917- Madrid, 6 febbraio 1981)

Cent’anni fa nasceva la principessa Federica di Hannover (Blankenburg, 18 aprile 1917- Madrid, 6 febbraio 1981), già duchessa di Brunswick-Lüneburg, regina consorte di Grecia, quale moglie del Re Paolo I, dal 1º aprile 1947 al 6 marzo 1964. Terza figlia di Ernesto Augusto III di Brunswick e di Vittoria Luisa di Prussia. Da parte paterna discendeva dalla dinastia Hannover, regnante in Gran Bretagna, in linea diretta dal re Giorgio III, ed in Germania. La madre era figlia di Guglielmo II e pronipote della regina Vittoria.

Nel 1936, durante le Olimpiadi di Berlino, il principe Paolo di Grecia, suo cugino  ed erede al trono ellenico (con fama, forse immeritata, di bisessualità), le propose di sposarlo. I due giovani si fidanzarono ufficialmente nel 1937 e le nozze furono celebrate l’anno successivo ad Atene. Frederika ed il marito Pávlos avevano in comune i trisavoli Vittoria d’Inghilterra e l’Imperatore Tedesco Federico III. Nipote dell’ultimo Kaiser, Federica era un concentrato di sangue reale biologico (essenzialmente di origine tedesca, poco popolare nella Grecia del II dopoguerra) e di un fortissimo senso dell’autorità monarchica, del senso del dovere, della dignità. Non alta di statura, anzi fisicamente minuta, con una volontà d’acciaio.

Federica è stata prevalentemente descritta come una monarca potente, di carattere autoritario e talora megalomane, che intervenne in modo continuo ed indebito nella vita politica greca. Era una certamente una donna di grande e forte temperamento, volitiva e fu protagonista in Grecia, più del re Paolo, durante il loro regno. Altri la raccontarono sì determinata, ma anche come una moglie gentile, disinvolta, sorridente, colta e dai molti interessi, innamorata sempre del marito, sportiva; una madre presente, affettuosa, forse possessiva.

Nella primavera 1941 il re Giorgio II ed il suo esercito non poterono contenere l’offensiva tedesca ed il sovrano fu costretto, per la terza volta, all’esilio, prima a Creta, poi in Egitto. Si dice affermasse con stoicismo che: «l’oggetto più importante di un Re di Grecia è la valigia»!

Come una famiglia errante e povera, cambiando ben 22 volte domicilio, la Famiglia Reale greca visse della carità della “zia ricca” Maria Bonaparte (psicoanalista alunna di Freud e sua protettrice fino alla morte nel 1939), dall’Egitto al Sudafrica, dove, come ricorderanno sia Federica, sia la figlia Sofia, futura Regina di Spagna, nelle loro Memorie, dovettero a volte cercare le erbe selvatiche per cucinare una zuppa o usare giornali quali pannolini dei piccoli Constantino ed Irene; un esilio duro, conoscendo sulla propria pelle la  sofferenza di chi nulla possiede. Il cognato Giorgio II aveva già dovuto lasciare la Grecia nel  dicembre 1923, dopo la sconfitta con la Turchia.  Quando venne proclamata la II Repubblica Ellenica, il 25 marzo 1924, egli era stato deposto ufficialmente, privato della nazionalità greca e delle sue proprietà private che vennero confiscate dal governo. Il 3 novembre 1935  fu riportato sul trono dopo un colpo di Stato militare contro la Repubblica, che aveva assistito frattanto a 23 cambi di gobierno, una dittadura e ben13 colpi di Stato.

 La regina Sofia di Spagna, nelle conversazioni con la biografa Pilar Urbano, dirà che i genitori “erano Sovrani piuttosto poveri di un Paese abbastanza povero”. Finito il conflitto la famiglia potè installarsi nuovamente nel chalet di Psychico, il 28 settembre 1946: “L’esilio è una delle cose peggiori che possano succederti nella vita. Sradica le persone, le allontana dalla terra. Disgrega le famiglie. I primi anni del dopoguerra in Grecia furono molto duri. Non c’erano indumenti, alimenti, medicine. Non c’era quasi nulla. I miei genitori cominciarono a viaggiare per tutto il territorio e mi portavano con sé, perchè io potessi conoscere il dolore e la povertà”.

Sei  mesi più tardi morì, senza lasciare discendenti, il re Giorgio II. Come previsto gli successe il fratello Paolo. La famiglia si trasferì nella residenza estiva di Tatoi, una grande tenuta di 4.000 ettari, fuori Atene.

Durante la guerra civile dal 1945 al ’49, scatenata dai comunisti, Frederika, con trent’anni e tre figli, fu infaticabile. Sapeva di conoscere poco il suo nuovo Paese, che il suo accento tedesco avrebbe sempre ricordato ai sudditi la dura occupazione teutonica, che per i politici locali, anche monarchici, lei era “The German Queen”, più incline ad interpretare un vecchio ruolo di sovrana assoluta, sia pur consorte, che quello di una regina all’inglese. Con un attivismo, una presenza costante nelle retrovie dell’Esercito lealista, rinfrancando i combattenti, incitando alla lotta, curando i feriti, galvanizzando i pessimisti, occupandosi direttamente di orfani nelle trenta “Città dei Bambini”, con una  fede incrollabile nel suo buon diritto, che ricorda un’altra sovrana tedesca d’acciaio, Maria Sofia di Baviera, moglie di re “Franceschiello”, che coraggiosamente, seppur  inutilmente, animò l’ultima resistenza dei Borbone nel Sud d’Italia, dopo il 1860.

Le sofferenze patite convertirono Federica in una donna ambiziosa; dall’essere una principessa timida in una vera Vasilissis, la mano ferma che guida il  trono ed il  governo. Il Re Paolo era molto religioso,  chi comandava era la regina ed ottenne con una sagace diplomazia molte cose per la Grecia, a cominciare dagli aiuti del Piano Marshall. Anche all’estero era ammirata e temuta. A volte in lei, donna piacevole, curiosa ma controllata, con charme innato,  prendevano il sopravvento l’aspetto imperioso ed asprezze fuori del tempo, come quando a Napoli, imbandierata per le Olimpiadi del 1960 – dove il figlio Costantino conquisterà l’Oro nella vela (classe Dragoni) –  si consuma l’evento mondano del secolo: “Il Ballo dei Re” a Palazzo Serra di Cassano. Mentre i re facevano ingresso nel Palazzo, a Roma Grace Kelly e Ranieri di Monaco cenavano a Trastevere. La Regina Federica si era opposta alla presenza di Grace al grande ricevimento. «Non desidero incontrarmi con un’attrice che gioca a fare la regina», aveva detto. E quando la principessa di Monaco lo seppe rifiutò l’invito al ballo, con la scusa del lutto per la morte del padre.

Ma l’errore, forse fatale, della “regina d’acciaio” furono le modalità delle nozze della primogenita Sofia con il futuro (probabile) re di Spagna, Juan Carlos di Borbone, il 14 maggio 1962. Fu il legittimo sogno di una madre, ma anche una specie di rivincita contro le penurie di un passato difficile, a volte povero. Re Paolo visse il suo regno austeramente, senza lussi, potendo rivendicare, come fece col capo del Governo Karamanlis, “che la Monarchia ellenica era la meno appariscente del pianeta”.

Tuttavia nel 1962, in un momento difficile per l’economia greca, mentre molti dovevano emigrare, la regina Federica impose al Parlamento di votare una legge per la dote della figlia di ben  nove milioni di dracme, una cifra notevole per l’epoca. Solo la destra, di malavoglia, votò a favore. Alcuni giorni prima della votazione, dopo aver convocato i giovani dell’Unione di Centro, il leader Yorgos Papandreu, sempre più influenzato dal figlio Andreas, chiese la restaurazione della Repubblica. Sofia ebbe la sua dote di 300.000 dollari e la madre fu felice delle nozze “da racconto di fate” della figlia, senza capire che stava minando con quella pretesa la struttura di sostegno della Monarchia stessa.

Nessun  politico dell’opposizione presenziò alle nozze di Atene. Alla maestosa ceremonia furono  invitati centinaia di sovrani, re decaduti, prìncipi, migliaia di aristocratici spagnoli. La celebrazione, anch’essa pagata con denaro pubblico,  ed i ricevimenti costarono, pare,  2.800.000 dollari del tempo.

“Le Monde” scrisse allora che “i Re di Grecia si sono convertiti nell’oggetto di una campagna di diffamazione che preoccupa sia Palazzo Reale, sia il Governo guidato da  Constantino Karamanlis”.  Così descriverà Federica, nelle autoindulgenti “Memorias”, pubblicate a Madrid, nel 1971, le nozze della figlia:

“Era un giorno soleggiato e Sofia era splendida. Il suo vestito di nozze era un sogno di ricami e su questo, iniziando dal capo, scendendo, portava il mio velo, anch’esso di pizzo. Lo spettacolo era emozionante. Sugli sposi e gli invitati cadevano petali di rose, che attraverso la luce sembravano fiocchi di neve”.

Con tanto di carrozza dorata trainata da sei cavalli bianchi ed ottantamila rose e garofani lungo il tragitto tra il tempio ortodosso e quello cattolico…

All’inizio del 1964, il re di Grecia, colpito da tumore allo stomaco, si aggrava. Rifiuta la morfina perché vuole restare lucido e, dopo l’addio al figlio ed erede Costantino, trascorre le ultime ore con l’amatissima moglie (di soli 46 anni) con la quale parla della luce in cui si ritroveranno. Poco dopo la morte, i figli mettono su un giradischi nella stanza la Passione secondo Matteo di Bach, un brano che Paolo prediligeva e considerava come l’opera più grande del compositore tedesco.

In quel momento la futura regina di Spagna prende una decisione; è una specie di omaggio, di voto, un modo per ricordare sempre l’adorato padre venuto a mancare troppo in fretta: Sofia non mangerà mai più carne. Paolo esercitò sulla figlia un’enorme influenza, con il suo carattere, secondo le parole di Sofia, “mite, misurato, più dolce e sereno di quello della regina Federica”.  Sofia ricorderà nelle sue Memorie (ovviamente apologetiche) il padre più che il sovrano, le conversazioni della famiglia riunita attorno al fuoco del camino della sala privata, leggendo racconti mitologici in greco, con sottofondo di musica classica.

Ma grande ammirazione era altresì riservata alla madre, dalla quale apprese a svolgere con eleganza e professionalità il mestiere di sovrana (anche vivendo come “separata in casa” dal marito fedifrago per quasi quarant’anni). Federica di Hannover non era certo una donna banale, bensì un’appassionata di fisica quantica, di musica, di filosofie orientali, che durante l’esilio soggiornò con la figlia nubile Irene in India per oltre due anni, studiando la filosofia di Shankaracharya, il primo mistico che stabilizzò  la dottrina advaitavedanta nell’VIII-IX secolo. Una donna interessante che fu pure scelta dalla prestigiosa rivista Times como “donna dell’anno”.

Paolo muore il 6 marzo 1964 e viene sepolto nel parco della residenza di Tatoi, nel piccolo cimitero reale, sotto i pini, cedri e cipressi.

La morte del sovrano lascia al figlio Costantino II una monarchia ancora abbastanza popolare, malgrado una inquietante instabilità politica, sentimenti repubblicani e di sinistra vivaci. La monarchia era amata da circa una metà della popolazione, ma avversata dall’altra metà, dall’intelligenza, dalle élites politiche, dalle sinistre; Constantino, un inesperto giovane di 24 anni, consigliato dalla  madre onnipotente.  Il nuovo Re giunse al punto di dover dichiarare pubblicamente, in un momento specialmente acuto della crisi politica,  prima del Colpo di Stato dei “colonnelli” del ’67, che la madre da quel momento si sarebbe astenuta da qualsiasi intromissione nella sfera politica! Forse era vero, ma tardi.

Dopo la fine formale della monarchia in Grecia, nel 1974, ed una permanenza a Londra, dove abitavano Costantino e la moglie Anna Maria, Federica ritornò a Madrid dalla figlia Sofia, mantenendo un profilo assai riservato. Morì, inaspettatamente, nella capitale spagnola, a 63 anni, il 6 febbraio 1981, di infarto miocardico, al  sottoporsi ad un intervento di chirurgia estetica agli occhi. Non fu facile ottenere dal governo ellenico l’autorizzazione a seppellire lì la detestata (soprattutto dai politici) ex regina. La trattativa diplomatica fu complicata e, dopo l’intervento del genero, Juan Carlos di Spagna, il governo del presidente Karamanlis acconsentì al rientro della salma in Grecia. La regina fu sepolta nel parco dell’ex residenza reale estiva di Tatoi, accanto al marito Paolo ed agli altri sovrani degli Elleni. La Famiglia Reale ebbe il permesso di restare in suolo greco solo per poche ore.

L’arrogante Karamanlis da anni detestava la Famiglia Reale. La sua fu una “dinastia politica”, alla pari di quella dei Papandreu, poco importa se i primi conservatori, i secondi socialisti, che ebbero alfine la meglio sulla “dinastia reale” degli Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg, a suo tempo “suggeriti” dalla regina Vittoria d’Inghilterra.

In realtà, il  vero peccato di Frederika von Hannover, agli occhi dei politici “maschilisti” greci, di ogni colore,  fu di essere donna ed “impicciona”;  per l’opinione pubblica liberal del suo tempo, di essere un’indomita monarchica anticomunista, che molto aveva contribuito a vincere la Guerra Civile, tra il 1946 ed il 1949.

*già ambasciatore d’Italia in El Salvador e Paraguay

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Gianni Marocco*

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