L’intervista. Roberto Perrone: “Higuain chiave della Juve super. Il mio romanzo? Finalmente un noir”

Juventus uff

Tempi di scontri campali. La Juve domani affronta il Monaco, con un piede a Cardiff. Quali sono gli ingredienti per un modello vincente come quello bianconero, compatto e inscalfibile? Ne abbiamo parlato con Roberto Perrone, tra i maestri del giornalismo sportivo italiano nonché scrittore, da poco uscito nelle librerie con il cult “La seconda vita di Annibale Canessa”, un romanzo da non perdere.

Partiamo da un istante: Higuain che salva la Juve pure nel derby.

“Higuain dimostra che noi grassi siamo grandi attaccanti: un giorno scriverò “Una vita in sovrappeso”. Scherzi a parte, Higuain è stato preso in giro, tutti erano convinti che non avrebbe mai ripetuto la stagione passata. Ma così è stato, di gol ne ha fatti a grappoli e decisivi, ha risolto partite e in Champions ha spianato la strada alla Juve”.

Higuain

Allora c’è una Pipita-dipendenza?

“No, non sarebbe giusto risolvere così il quadro. La Juve quest’anno è solida, ha molti campioni e Higuain è l’uomo in più, preso ad arte per il definitivo salto di qualità. Due anni fa, dopo la sconfitta in finale contro il Barcellona, scrivevo che alla Juve – che aveva tenuto degnamente testa ai blaugrana – mancavano Messi e Neymar. Sono arrivati Dybala e Higuain e finalmente il nucleo vincente fatto di compattezza e mentalità cannibale. Anche Dani Alves sta sorprendendo tutti con il tocco d’esperienza che mancava. E siamo alla soglia della possibile impresa europea, che farebbe bene a tutte le italiane”.

Il modello bianconero è trionfante, eppure non esprime il miglior calcio dello Stivale…

“Cercare un’equazione perfetta è un discorso di retroguardia. Certo giocare bene è fondamentale, ma contano i risultati. Lo stesso Napoli vorrebbe sicuramente scambiare il suo bel gioco per risultati più concreti. I ragazzi di Sarri fanno accademia, ma a volte manca il trinomio mentalità-solidità-continuità, che è ciò a cui una squadra deve tendere. Anche il Milan di Sacchi (che seppe coniugare gran calcio e risultati) non sempre riusciva a esprimere un buon gioco. Il vecchio Pessoa, ai tempi del Bologna, alla vigilia di un match contro l’Atalanta promise che i suoi avrebbero giocato novanta minuti “alatàco”. Salvo poi fare un catenaccio per tutta la partita e dire alla stampa furiosa: “E se vede che la Etalanta ci ha rubato l’idea”. Non c’è una legge assoluta, ma tante variabili”.

Stakanovismo, esperienza, mentalità. Si può parlare di ‘allegrismo’?

“Sicuramente Allegri si è dimostrato molto duttile e coraggioso. La Juve è una società particolare, si ragiona insieme, l’anno scorso venne imposto il ritorno alla difesa a tre. E Allegri ha capacitò di adattamento notevole. Quest’anno poi, i giocatori sono un connubio tra sacrificio e classe: Mandzukic spesso ha giocato praticamente da terzino. L’allenatore toscano – e troppo pochi si dimenticano come fu accolto – sta parlando e vincendo con i fatti. Sarebbe quasi da andarsene come fece Mourinho…”

Roberto Perrone, maestro di giornalismo e tra i più importanti scrittori italiani

Perché, questa Juve è come l’Inter del triplete?

“Ci sono molte analogie, ma delle fondamentali differenze. L’Inter era una meravigliosa cicala che cantava, ma stava arrivando l’autunno. La Juve si sta già trasformando, sta pensando al futuro e sta costruendo: l’Inter non fece nulla di tutto ciò, morattianamente confermò tutti. I bianconeri sono avanti, hanno lasciato andare Vidal, Pogba, Pirlo, Morata e Tevez sapendoli sostituire. Speriamo tutti nell’impresa, ma, anche se non accadesse, ci sarebbe comunque un limpido orizzonte”.

Il nuovo libro di Roberto Perrone

Veniamo al Suo nuovo libro, ‘La seconda vita di Annibale Canessa’. Una svolta noir.

“Era un vecchio progetto, lo iniziai nel 2000. Allora contemporaneamente scrivevo Zamora, convinto di poter portare avanti, simultaneamente, un giallo poliziesco e un racconto. Ma in Italia gli editori non vogliono racconti. Alla fine uscì Zamora e poi una serie di libri che noir non erano. “Tutti scrivono gialli”, come ha scritto D’Orrico nella recensione sul mio libro. E io non volevo finire nel calderone. Poi due anni fa, finita l’avventura con il Corriere, ho capito che volevo ultimare il progetto, con i miei ritmi. E così ho ripreso, ed è riemersa la mia eterna passione per gli spy story. Sono molto soddisfatto del risultato, è un noir che ricalca riferimenti degli anni di piombo in un intreccio fitto”.

Ci sono futuri appuntamenti per la presentazione del romanzo?

“Si. Domani sera, alle 19, sono al Risorgimento Resort di Lecce. E il 10, alle 18,45, sono alla Chiesa dei Diavoli di Tricase. Un’ambientazione perfetta”.

 Che piani ha per il futuro?

“L’immersione nel noir continuerà: ora sono come un calciatore a tutti gli effetti, ho firmato un contratto. Sicuramente arriverà un nuovo noir, sempre su Annibale Canessa, sempre su quegli anni”.

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Francesco Petrocelli

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