Cinema. Cinquant’anni senza #Totò cinque lezioni dal genio nazionalpopolare

totòCinquant’anni fa se ne andava Totò, la più grande maschera del cinema italiano. Icona nazionalpopolare, amata dal popolo e snobbata dalla (sedicente?) Cultura. Il mito del principe della Risata è tra i pochi punti di riferimento italiani. Lo vogliamo ricordare con alcune delle scene più esilaranti, commoventi e indimenticabili della sua lunghissima carriera. E con (alcuni) dei suoi insegnamenti. Attenzione, però: non è per la voglia di cercare un esempio a tutti i costi, anzi. Ma è per sottolineare la consapevolezza della grandezza, autenticamente popolare e vera, di uno dei più grandi artisti che l’Italia abbia mai avuto.

 

MA MI FACCIA IL PIACERE. Uno schiaffo sul viso alla vanagloria della classe dirigente dell’epoca (quella del “lei non sa chi sono io!”). Il celeberrimo sketch, sul treno, in cui Totò incontra l’onorevole Trombetta. Questi vuol marcare le distanze in ogni modo, Totò gli dà quello che la sua vacua vanità merita in contraccambio.

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ABBASSO IL RAGIONIERE CASORIA. Una disamina impietosa dell’avidità e della furberia in uno dei più esilaranti duetti con la storica spalla, l’immenso Peppino De Filippo. Da “La Banda degli Onesti”, Totò cerca di coinvolgere il buon Loturco ad “adeguarsi”, ad aprire una stamperia clandestina di denaro. E per farlo gli fa uno spaccato in cui chiunque, oggi come allora, può riconoscere più di un elemento di verità.

 

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SIAMO UOMINI O CAPORALI? Forse il manifesto ideale di Totò. L’umanità che si divide in due, unico discrimine la generosità e la sensibilità. Da un lato chi lavora e fatica, dall’altro chi pontifica, sfrutta e fa la morale. Da una parte gli uomini, dall’altra i caporali. Più saggi di così, dice bene il dottore, si rischia di impazzire.

 

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“IO TI DO TRE VOTI A TE”. “Io so che il deputato deve fare gli interessi dell’elettore”. “Cose d’altri tempi, queste!”. Se non è una critica questa agli arraffoni che marciano gli ideali, sulla vergognosa deriva del rapporto fra la politica, i cittadini e gli “addetti ai lavori”! Fare ciò che si deve non è più di moda, non è da persone intelligenti. E a questo punto, per ribellarsi, ci vuole davvero coraggio.

 

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“COS’E’ LA VERITA’?”. Solo Pier Paolo Pasolini ebbe il coraggio di fare di Totò una maschera decisiva e disarmante del suo cinema. Forse fu l’unico, nell’intelligencjia italiana di quel tempo, ad avere lo sguardo tanto limpido da riuscire a cogliere la grandezza (anche, o forse soprattutto) tragica della maschera di Totò. Questo ne è (probabilmente) uno degli esempi più drammatici e commoventi.

 

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Wim Kieft

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