Caso Melania Rea sei anni dopo: quando le intercettazioni è bene restino in tribunale

Il protagonista de "Le vite degli altri"

mobile-phone-426559_960_720

Sei anni fa moriva tragicamente Melania Rea e, come noto, ad imprimere una svolta decisiva alle indagini è stata l’intercettazione di chiamate fra il marito e la sua amante. Uno strumento, l’intercettazione, che “[…] è consentita [295 3] nei procedimenti relativi ai seguenti reati (1):delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell’articolo […]” e pertanto lecito nel caso in questione. A suscitare perplessità, però, è la pubblicazione sui siti e sui socials di alcune informazioni dagli inquirenti, cioé audio, messaggi, chat privati che dal 2011 “navigano” sulla rete, lette e commentate da semplici utenti che, chiaramente, con le indagini non hanno nulla a che fare. Senza contare le congetture e le libere interpretazioni che hanno travolto (e stravolto) la vita della Clementi e di chi ci lavora, con onestà.

Domanda: perché le intercettazioni sono online? E, ancora, a cosa può interessare ad un web-nauta sapere cosa due amanti fanno in intimità? Non ci arriva da solo a capirlo?
Complice delle gioie del letto, sarò muta su ciò che ti piacerà fare”. Le parole di Marziale potrebbero essere sufficienti a far capire che il talamo è un luogo inviolabile e che ciò che vi accade non può, e non deve, fomentare il pubblico ludibrio, soprattutto se di mezzo ci sono un morto, parenti distrutti dal dolore e una bimba che non merita certo di leggere, un domani, quello che il padre faceva mentre lei muoveva i primi passi nella vita. Inoltre, ciò che realmente dovrebbe stare a cuore all’opinione pubblica è la dinamica in cui si è consumato l’omicidio, non quel che Parolisi e Perrone si sono scambiati in due anni via chat.
Gli illeciti sono giudicati dai tribunali, civili e militari; le “corti” allestite sulla piazza virtuale non hanno legittimità, non hanno ruolo e non hanno il diritto di condannare: avere un’amante non è bello se si è sposati e padri, né è professionale uscire dal proprio ruolo di educatori lasciandosi andare con un’allieva ma, fino a prova contraria, la vita privata non è reato. Lo diventa nella misura in cui può influire in un delitto odioso come l’uxoricidio ma, anche in questo caso, l’unica a potersi esprimere è la legge. E lo ha fatto. Ciò che conta, ora, è che la bimba (già orfana di madre e con un padre in galera) cresca serena, circondata da amore e da discrezione. E anche che l’ex amante abbia il diritto a rifarsi una vita senza, la lettera scarlatta cucita addosso.
Chiaro, una rimozione completa e assoluta di tutto il materiale presente sul web è impossibile, ma episodi come questo insegnano come ciò che non è strettamente di pubblico interesse è meglio resti nelle aule di tribunale.

@barbadilloit

@marco_petrelli

Marco Petrelli

Marco Petrelli su Barbadillo.it

Exit mobile version