Cultura. Prima e dopo Fabrizio De André: la saga dei poeti sciagurati

Libro MIroCosa precede il gesto creativo? Cosa accade prima del testo? Chi abita la poetica di un artista? A queste e altre domande risponde lo scrittore Miro Renzaglia con un libro sul poeta di Genova, Fabrizio De André. L’opera, nella collana Pretesti, figura un meticoloso viaggio tra le creature artistiche che hanno fecondato in Faber la realizzazione di un inestimabile patrimonio musicale

Postergando la grandiosità della sua opera, Michelangelo Buonarroti, uno dei maggiori artisti rinascimentali, lascia ai posteri la più importante indicazione sull’atto creativo. Nello specifico, l’artista sprigiona dal marmo l’idea che è già presente nella sua mente. Lo stesso avviene per lo scrittore, il poeta o il cantore. La forma, contenuta nell’inchiostro, in un pastello o nel pentagramma, giace sommessamente nella mente dell’artista: un guizzo la tira sulla pagina, sulla tela o dentro la melodia di un’Esteve. Miro Renzaglia, l’autore del libro Fabrizio De André – Maledetti poeti, e ideatore della collana Pretesti, aggiunge un ragguaglio non trascurabile. Dentro la concezione in cui il marmo per Michelangelo è già realizzazione dell’idea, lo scrittore e giornalista Renzaglia inserisce un’ulteriore elaborazione: esiste un patrimonio che giunge prima del creatore stesso. In coscienza o inconsapevolmente, ogni artista si fregia di una galleria di segni originari che lo hanno preceduto e in qualche modo suggestionato; a ogni modo gli sono restati indosso come una patina invisibile. Per lo scrittore o il poeta disegnano una sorta di principio, ossia un simbolo che sprigiona potenza durante la creazione. Renzaglia scrive un saggio peculiare: non si volge al festeggiamento dell’autore De André, o comunque non solo, ma opera una sorta di meticolosa indagine sui poeti e gli scrittori che lo hanno anticipato e sono poi restati nel cuore delle canzoni, divenendo la più vigorosa sorgente nel quale il cantautore genovese si è abbeverato. Faber è un poeta e dalla poesia discende.

Ancora un altro prestito, dopo Michelangelo, per spiegare l’importanza del libro di Renzaglia, mi accordo un’ulteriore sosta su un pensiero del saggista e poeta Ezra Pound:

Il genio è la capacità di vedere dieci cose dove l’uomo comune ne vede una o dove l’uomo di talento ne vede due o tre.

Permettendo, con tutto il garbo del caso, una piccola rilettura e mutando la parola genio in quella di artista, ecco che l’idea di Renzaglia prende ancora più vigore. Il De André della collana Pretesti, edita dal Cirtcolo Proudhon, è colui che ha visto le dieci cose teorizzate da Pound, le ha osservate, vi si è finanche congiunto e infine le ha condotte direttamente nei suoi testi. Ogni artista è la fecondazione di uno stile unico, ma al contempo una creatura accogliente, dove altre opere possono giacere e continuare a soffiare il loro afflato creativo. Presumibilmente sono più di dieci e non si tratta di cose ma di autori, ma il dato certo è che dal Medioevo in avanti, molti di loro contribuiscono alla grandezza della sorgiva De André. Il viaggio di Renzaglia non toglie purezza al genio creativo, al contrario mostra sapientemente come ogni creatore sia puro nella molteplicità delle creature che lo abitano. Il primo dubbio, rimosso dall’autore è una sorta di proclama: “Fabrizio De André è un poeta”. E accade che lo sia realmente con una piccola variante: la sua parola non resta inerte, ma prende a muoversi su storici pentagrammi, con chiavi di violino e di basso a far da sentinelle. L’estensione creativa di Faber parte dunque da lontano, e all’interno di percorsi tortuosi e distanti, giunge sino ai nostri giorni: da Cecco Angiolieri sino a Pier Paolo Pasolini. E tra gli stessi autori-simbolo è possibile ravvisare ulteriori legami. Come quello tra il poeta del S’i fosse fuoco e il François Villon de la Ballade des pendus, tutto dentro La ballata degli impiccati del poeta genovese. Accuse che partono dall’invettiva medievale, per farsi lamento e grido di “chi guardò e infine derise una sconfitta”:

Prima che fosse finita
ricordammo a chi vive ancora
che il prezzo fu la vita
per il male fatto in un ora
Poi scivolammo nel gelo
di una morte senza abbandono
recitando l’antico credo
di chi muore senza perdono

Tra i secoli che si passano i tre autori, resta il denominatore comune di una riprovazione e un malumore antesignani – i primi due – di un romanticismo che contempla naturalmente un’aura funesta. De André dunque si affida agli inquieti, ai tormentati, ai dannati, nei quali entra di diritto anche il nome del poeta Edgar Lee Masters. L’antologia di Spoon River ha ispirato il cantautore genovese per l’album Non al denaro, non all’amore né al cielo. L’Antologia figura inoltre un canto polifonico, dove le vite nelle passioni, nei peccati, nei vizi e nella vanità dei piccoli individui, parlano da un altrove e iniziano e terminano sempre nello stesso luogo: Spoon River giustappunto.

Francis Turner
Non potevo correre o giocare
da ragazzo.
Da uomo potevo solo sorseggiare dalla coppa,
non bere –
perché la scarlattina mi aveva lasciato il cuore malato.
Ora giaccio qui
confortato da un segreto che conosce solo Mary:
c’è un giardino di acacie,
di catalpe, e di pergole dolci di viti –
là quel pomeriggio di giugno
al fianco di Mary –
baciandola sulle labbra all’improvviso
l’anima prese il volo.

Francis Turner torna nella rivisitazione di De André in Un malato di cuore:

E fra lo spettacolo dolce dell’erba
fra lunghe carezze finite sul volto
quelle sue cosce color madreperla
rimasero forse un fiore non colto.

Ma che la baciai questo sì lo ricordo
col cuore ormai sulle labbra
ma che la baciai, per Dio, sì lo ricordo
e il mio cuore le restò sulle labbra.
“E l’anima d’improvviso prese il volo
ma non mi sento di sognare con loro
no non si riesce di sognare con loro.

Sopravvive in entrambi i testi (quello di De André è uno stralcio) una liturgia della caduta, che in Faber si rialza nella ballata di un amore indimenticabile. I simboli ancestrali o le dieci cose di Pound sono per il cantore di Genova i confini di un mondo che vive i colori foschi della realtà; nessuna edulcorazione, solo un’intelaiatura musicale a farsi voce e poesia. Un verseggiare che proviene dal basso di una prigione o di una vita, come tutti i poeti trattati nel libro, appartenente al girone degli ultimi; quello di Fernanda Farias de Albuquerque. Siamo lontani dal Medioevo, ma sempre nella zona oscura di quell’umanità da molti declinata. E in questa storia c’è il carcere, la prostituzione, le terapie ormonali, la malattia, l’eroina e un tentato omicidio. Tutto in un romanzo autobiografico, Princesa, passato prima per l’ergastolano Giovanni Tamponi e poi per Maurizio Jannelli che le conferirà un posto nella letteratura. Fabrizio De André trarrà ispirazione da tale opera per la canzone Princesa nell’album Anime Salve.

A un avvocato di Milano
ora Princesa regala il cuore,
è un passeggiare recidivo
nella penombra di un balcone.

In queste ultime strofe Faber regala alla vita disgraziata della Albuquerque uno spiraglio d’amore, sottraendola anche solo per un istante, dalla volta cupa sotto la quale si svolge la storia.

https://youtu.be/A9zqAwpnH6g

L’opera di Renzaglia è un viaggio autentico in una terra inesplorata, in quell’altrove che rappresenta il “prima” di ogni artista. Un’antecedenza che prende a vivere nel presente dell’intelletto artistico e resta nel dopo dell’uditore. Una zona che vive a bassa voce e come tutte le cose che si affidano alla grazia di un sussurro, porta in sé una potenza di non poco valore. Il libro descrive un legame indissolubile, quello tra l’artista e il suo bagaglio. Una sacca zeppa di curiosità, che gli autori venuti prima di lui, hanno prontamente esaudito. Sono rimasti al suo fianco in una nota, in un pensiero, in un estro d’ispirazione. Quel bagaglio trattato nell’opera di Renzaglia contiene altri autori, ma il sentiero De André va attraversato per intero, varcando e stropicciando ogni singola pagina del libro, che oltre le peculiari riflessioni dell’autore, contiene un’antologia di quel prima: Villon, Pasolini, Mutis, Guerrini, Aristofane e tutti coloro che sono finiti sulle corde della sua chitarra Esteve, serie IGR07 97.

@isabellacesarin

Isabella Cesarini

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