Libri. “Feldpost”: la metafisica della guerra secondo Degrelle

Da non molto le Edizioni Ritter hanno deciso di stampare per la prima volta nella nostra lingua gli appunti di un Soldato Politico

Leon Degrelle
Leon Degrelle

Da non molto le Edizioni Ritter hanno deciso di stampare per la prima volta nella nostra lingua un autentico capolavoro: stiamo parlando di “Feldpost. Appunti di un Soldato Politico” di Léon Degrelle. Quando parliamo del Comandante, ci vengono in mente le sue opere, che nel secondo dopoguerra hanno scaldato i cuori e le anime dei militanti nazionalrivoluzionari. I suoi libri hanno fornito un immenso contributo storiografico sulle passioni che infiammarono quel periodo così ricco di tensioni e di elaborazioni, e un altrettanto significativo lascito di elevazione spirituale per la formazione del sé interiore. Non a caso, Degrelle fu uno degli ultimi grandi guerrieri del secolo scorso che seppe fondere in un unico crogiolo milizia politica e milizia dell’anima.

La vita di Degrelle

Degrelle nacque il 15 giugno 1906 a Bouillon, nel Belgio francofono, luogo dove visse anche Goffredo di Buglione, uno dei signori feudali che diedero vita alla prima Crociata (sarà forse un caso?).

Nel 1935 darà vita a Rex, movimento di matrice orgogliosamente cattolica (Christus Rex), ispirandosi inizialmente all’Action Française di Maurras e portandolo presto sull’onda dei fascismi europei. E grazie alla sua oratoria e alla sua carica rivoluzionaria, andrà ad infiammare le piazze e la gioventù belga. Ispirò anche il disegnatore Herge: i tratti di Degrelle ricompaiono nel volto di Tintin.

Degrelle descritto da Brasillach

Significativa ci appare la testimonianza di Robert Brasillach, che sulle pagine del periodico “Je suis partout” descrisse con evidente simpatia l’esuberante personalità di Lèon Degrelle, nell’attesa di incontrarlo e di intervistarlo:

“(…) Io vedo avanzare verso di me questo giovane uomo agile, di bel portamento, i cui occhi brillano così gioiosamente in un viso pieno. Mi parla con una voce forte, per le folle, squillante ma così naturale. Io non so ancora ciò che mi dirà, non so quanto vale: so solamente che egli ispira una gioia di vivere, un amore per la vita e nello stesso tempo un desiderio di migliorare questa vita per tutti, di combattere, che sono già cose ammirabili. Io non credo, cara Angéle, che esistano grandi capi senza una sorta di animalità abbastanza potente, di splendore fisico. Ignoro se Lèon Degrelle abbia altre qualità: ma egli ha innanzitutto queste. Ce ne sono tante altre altrettanto visibili, d’altronde, e tutte così istintive (…)”

Sulla intensa e spericolata vita di Léon Degrelle, potremmo scrivere una vera e propria epopea, ma non è l’intenzione di questo breve articolo, quindi passiamo direttamente ai motivi che hanno ispirato queste righe.

La missione di Feldpost

Feldpost venne pubblicato in Belgio nel 1944, dalla casa editrice del Partito Rexista. La lettura di questo breve ma intenso testo veniva consigliata ai membri della gioventù legionaria rexista, che spronati dall’esempio dei loro capi fremevano nell’attesa di poter partecipare attivamente alla Crociata europea contro il bolscevismo, sul Fronte dell’Est. Sarebbe stato il loro assalto al cielo.

Attraverso la nota introduttiva trasmessa dall’autore nel 1943, sempre dal fronte orientale, apprendiamo che il testo avrebbe dovuto essere più lungo e voluminoso, ma durante un attacco russo, dove egli rimase ferito, il suo equipaggiamento finì bruciato e diversi fogli dove erano annotate ulteriori riflessioni e pensieri, andarono perduti.

Non si tratta però del consueto diario militare, dove vengono narrate vicende di guerra o altri aspetti di natura strettamente bellica. La narrazione volge verso altri orizzonti, ben più profondi e complessi. Lo spiega lo stesso Degrelle nelle prime righe della sua nota introduttiva:

“Feldpost è un libro semplice. E’ il libro di un soldato. Raccoglie una serie di rapidi appunti che scrivevo di getto, ogni giorno, appunto, sui fogli della Feldpost. Questi fogli, scarabocchiati nell’imprevisto delle strade e dei combattimenti in Russia, avevano lo scopo di far arrivare a casa i miei pensieri.

Non si cerchino pagine vibranti di battaglia, non si tratta di un diario militare. Non sapendo ciò che il destino poteva riservarmi in guerra, avevo fretta di esprimere le idee e i sentimenti che vivevano in me (…)”.

Il soldato politico

Quello che emerge è il Degrelle soldato, anzi, il Degrelle “soldato politico”. L’uomo che decise in piena consapevolezza e con ammirevole idealismo di imbracciare le armi, nonostante i rischi e le immense difficoltà, per l’affermazione di una visione del mondo e della vita pura e totale. Anche se la possibilità di pagarne le conseguenze fosse concretamente elevata, egli sapeva perfettamente che la morte segue sempre come un’ombra colui che intraprende la via delle armi. La via del guerriero è ostica, impareggiabile per le privazioni e le sofferenze che sa offrire a coloro che vogliono percorrerla, ma è anche sublime per i frutti di elevazione spirituale e di superamento dei limiti che generosamente dona a chi sa coglierli. Degrelle volle percorrerla.

Come scrive, infatti, Maurizio Rossi nella prefazione:

“(…)In più, vediamo in Degrelle lo sforzo del soldato politico, e nel suo caso della concentrazione propria del monaco guerriero, di volersi realizzare sul campo di battaglia attraverso la pura azione, l’azione non soltanto nel significato di ascesi virile e guerriera, ma soprattutto di purificazione interiore dello spirito e passaggio verso superiori forme di vita.”

Ricordiamo altresì che la Seconda Guerra Mondiale, non fu affatto un semplice conflitto militare, paragonabile ad altri eventi precedenti, e non venne vissuto come tale; fu uno scontro titanico ad elevata tensione etica e ideologica. Vi erano due Weltanschauungen totalmente contrapposte: l’emergere di un Socialismo Nazionale europeo, contro il Socialismo Internazionalista dell’URSS.

E al di sopra, il mito della nuova Europa. Queste pagine, scritte tra il settembre 1941 e il 3 febbraio 1942 sono ricche di pathos, a tratti commoventi, leggendole sembra di essere lì con lui. Soprattutto l’aspetto mistico ed intrinseco Degrelle viene fuori per l’ennesima volta. Ci si chiede come un uomo, in quelle precise circostanze, nonostante fosse immerso in contesti di drammaticità inaudita fatta di guerra, privazioni, freddo glaciale, dolore e morte, possa rimanere limpido; di una limpidezza tale da riuscire a trasmettere pensieri di una tale profondità.

E nonostante, gli anni che e il contesto trascorsi, alcuni pensieri possiamo rivederli e riportarli nell’epoca attuale. Infatti, quando domenica 28 dicembre 1941 scrive, oltre al resto, queste due righe, come possiamo dargli torto?

“(…) Il mondo è sporco, sovente carico di odio, mediocre quasi sempre. Quando si conta su questo per essere felici, non si mordono che frutti amari o marci. Più si procede fra i sorrisi ipocriti, gli occhi cupidi o indecenti, le mani interessate, più si discende in un’esistenza scialba. Ci si accorge presto che rimangono solide, fraterne ed eterne, solo le gioie infuse nei nostri cuori quando eravamo piccoli. E’ in quel tempo che ci si rende felici o infelici per sempre (…)”

Oltre a questo, troviamo una severa critica al mondo borghese, falso, ipocrita, servo del dio denaro. La stessa mediocrità vigliacca che impera nella nostra esistenza quotidiana. Una mediocrità, si badi bene, alla quale non bisogna affatto lasciare che scorra nel suo pantano. L’esortazione è sempre quella di combattere e lottare fino alle estreme conseguenze, insieme alla nostra compagna più fedele, quella visione del mondo che spinse lo stesso Degrelle ad affrontare sé stesso ed il nemico.

Sempre dalla sua prefazione del 1943:

“Sono qui perché l’ideale che mi bruciava alla partenza mi rende tuttora assai insopportabile l’atmosfera soffocante, dall’odore di muffa, del vecchio universo borghese che muore.

La vita del soldato al fronte è la sola, a quest’ora, che sia veramente retta, disinteressata, senza sbavamento e senza mercantaggio. Qui, davanti alla  morte, o quanto meno davanti al dolore quotidiano, l’anima si eleva al di sopra del pantano della decadenza (…)”

In queste preziose pagine, da leggersi tutte d’un fiato, possiamo riscontrare moltissimi aspetti-oltre a quelli già citati – da ricollocare ai nostri maledetti anni. Leggere Feldpost, oltre ad approfondire la natura più intima di Léon Degrelle (che già attraverso le pagine di Militia si manifesta appieno) serve a farci riflettere, a pensare intimamente alle nostre debolezze e a come superarle, a combattere le nostre battaglie quotidiane contro la componente infera di noi stessi e non solo.

Questo righe, come già abbiamo detto poc’anzi, sono state scritte per la gioventù legionaria rexista. A nostro parere, invece, è la nuova “gioventù legionaria europea” che deve le immediatamente far proprie. Questi pensieri, a tratti poetici, devono servirci da monito per lottare contro quei nemici che la modernità  ha fatto sì che la loro natura fosse più macabra, ma anche invisibile. Perché la nostra lotta, per essere ancor più intensa e virtuosa, deve avere con sé la componente poetica necessaria per divenire Mito. E in Feldpost, Léon Degrelle spiega quanto dipenda dall’impegno interiore che “il Destino ci trovi sempre forti e degni”.

*Feldpost. Appunti di un soldato politico, di Léon Degrelle, ed. Ritter, gennaio 2017, pp.101, euro 12

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Wim Kieft

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