Il caso. “Trattativa” Stato-Mafia? La verità verrà anche dall’agenda rossa di Borsellino

Nell’Italia dei misteri irrisolti, quello dell’agenda rossa di Borsellino è destinato a rimanere tale. Rimarrà un mistero anche se ne dovessero trovare una identica: il dubbio che possa essere stata manomessa o che possa essere un falso rimarrebbe. Un po’ come per i diari di Mussolini, ogni tanto qualcuno dice di possedere nuovi scritti del Duce, nuovi documenti, e il rischio patacca è sempre dietro l’angolo. Rimaniamo ai fatti: i familiari di Paolo Borsellino e persone a lui vicine testimoniano che il giudice, nel periodo che precedette la sua morte, portava con sé un’agenda rossa, oltre a una seconda agenda marrone dove annotava gli appuntamenti, ritrovata dopo la sua morte. L’agenda marrone con gli appuntamenti c’è, quella rossa è sparita. Questo è un altro fatto e da qui parte il mistero. Un mistero che potrebbe legare il destino tragico del giudice con il suo contenuto.

Borsellino cosa annotava in quell’agenda? Su questo si possono fare, purtroppo, solo supposizioni, legate a quei tragici 56 giorni che separarono la strage di Capaci con quella di via D’Amelio.  Il giudice sapeva di essere in pericolo di vita, tanto da rilasciare al Mattino di Napoli, il 27 giugno del 1992 un’intervista dal titolo: “Sono nel mirino come Falcone”. Che nell’agenda rossa ci possano essere elementi importanti per capire se davvero ci fu e come si sviluppò una trattativa tra lo Stato e la mafia, non è fantasia né una probabilità remota.  La novità nasce da un video nuovo pubblicato da Repubblica: tra le immagini raccolte dopo la strage di via D’Amelio ce n’è una in cui si vede un quadernetto rosso per terra. È l’agenda rossa cercata per anni? Difficile poter rispondere.

Per anni chi ha cercato di capire dove potesse essere finita si è destreggiata su teorie – e processi – che ruotavano attorno alla borsa di Borsellino, prelevata dall’auto blindata saltata in area e poi riposta nel sedile. Ovviamente, l’agenda non è stata trovata. L’idea che qualcuno abbia potuto sottrarla – o che l’abbia anche solo cercata – non è campata in aria: trattativa Stato-mafia o no, che il contenuto di un’agenda con appunti riservati di Borsellino potesse diventare di pubblico dominio avrà fatto venire i sudori freddi a più di una persona.   Dell’esistenza dell’agenda rossa non sapevano solo i familiari. E questo è un altro fatto. Facendo la cronologia di quei 56 giorni, che Borsellino abbia capito o scoperto qualcosa di molto grosso è banalmente ovvio. Ogni elemento che possa ricostruire quei giorni – e cambiare la storia del nostro paese a partire da quel 1992 – è un diritto dei cittadini italiani.

Tornando al video di Repubblica: Manfredi Borsellino, figlio di Paolo, non esclude possa essere l’agenda del padre, ma vista la scarsa qualità dei fotogrammi non può averne la certezza; per il pm Lari di Palermo è improbabile possa essere l’agenda di Borsellino, ma verranno fatte le verifiche del caso. Gian Marco Chiocci scrive sul Giornale che quel fotogramma smonta il mistero degli ultimi vent’anni: quella era l’agenda rossa ed è, oramai, finita tra l’immondizia. Liquidarla in altro modo è per Chiocci azzardato. Per il Fatto Quotidiano, lo scoop di Repubblica nasconde invece una verità più inquietante: quella non è l’agenda di Borsellino, e – sempre sul Fatto – il fratello Salvatore dice: «Mi chiedo perché quest’immagine venga fuori proprio ora: potrebbe essere un tentativo per allontanare l’attenzione dalle indagini sulla borsa. La storia dei depistaggi su via D’Amelio ci dice che il rischio d’inquinamento è sempre molto alto». È veramente l’agenda rossa, quella del video? Forse no. Rimane il fatto che la verità sulle stragi di Capaci e via D’Amelio sono ancora incomplete. Scoprire che fine abbia fatto l’agenda potrebbe essere utile, oltre ogni complottiamo, oltre ogni frettolosa minimizzazione.

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Giovanni Marinetti

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