L’intervista. Movarelli: «Magna Carta, ecco come funziona il think-tank “all’italiana”»

Attraverso la ricostruzione della storia di Magna Carta, Margherita Movarelli, portavoce e responsabile del Centro studi della fondazione, in Think-tank all’italiana (*) fornisce uno spaccato della politica italiana della Seconda Repubblica, partendo dal punto di vista di un pensatoio affermato, punto di riferimento dei liberal – conservatori sorti in Italia. Costituita nel 2003, nata sul modello americano e cresciuta nella realtà italiana, la Fondazione Magna Carta è tra le più attive nell’elaborazione culturale del centrodestra italiano. Abbiamo raggiunto l’autrice per saperne di più su questo nuovo istituto, sempre più presente nel nostro panorama politico.

Think-tank all’italiana. Cosa intende quando ne sottolinea il profilo nazionale?

Non c’è una precisa accezione dietro l’uso di questa espressione, ma semplicemente la volontà di far emergere una specificità. Restringendo il campo dell’analisi al panorama nazionale racconto la missione di Magna Carta, che nel 2003 si è data come obiettivo quello di importare uno strumento nato negli Usa, e cerco di analizzare in che modo questa realtà si è sviluppata nel contesto italiano.

Il think-tank, appunto.

Sì. Un istituto nato in America nei primi del Novecento, che si è sviluppato in diverse ondate (specialmente negli anni Sessanta e Novanta) ed è approdato da noi negli anni Novanta. Un fenomeno sempre più rilevante, dunque, non solo negli Stati Uniti.

Qual è l’ambizione originaria di Magna Carta?

L’ambizione di Magna Carta è stata, appunto, quella di portare nel nostro Paese un  nuovo modello di elaborazione politico-culturale, in grado di produrre idee e proposte da mettere al servizio della politica. In particolare, utili al centrodestra italiano per rafforzare la propria base culturale.

È riuscita a soddisfare i suoi obiettivi?

Quando si importa uno strumento talmente complesso in una realtà così diversa sia dal punto di vista politico che da quello economico – quindi delle risorse a disposizione – è difficile che lo si riesca a replicare in modo ottimale. La Fondazione Magna Carta ha ottenuto, su molti fronti, dei buoni risultati, mentre su altri ha scontato inevitabilmente dei limiti nel suo operato.

A proposito di risorse economiche, come si finanzia un Think-tank?

Non c’è una sola risposta a questa domanda. Nel caso specifico, Magna Carta ha vissuto, in questi dieci anni, esclusivamente di contributi privati e non ha preso finanziamenti dal partito (prima Forza Italia e poi il Popolo della Libertà, n.d.r.) come accade invece per le fondazioni in Germania. Quanto all’America, il mecenatismo ha anche in questo caso un ruolo fondamentale e sono previste  delle agevolazioni fiscali per chi decide di destinare parte del proprio denaro a queste realtà.

Queste agevolazioni fiscali incentivano la nascita di think-tank negli Stati Uniti e altrove?

Non è il solo fattore che determina lo sviluppo di questi istituti, ma è sicuramente un fattore molto importante. Ciò detto, i think-tank sono realtà complesse: per studiarli non si può prescindere, oltre che dal contesto economico da cui originano, da un’analisi del panorama socio-politico all’interno del quale operano. Negli Stati Uniti il mecenatismo non solo è incentivato dalle agevolazioni e dalla disponibilità di ingenti capitali, ma è stimolato anche e sopratutto da una cultura propensa ad investire in organizzazioni di questo tipo.

Che peso ha una fondazione nella politica italiana?

Il think-tank nasce per essere un’entità autonoma e indipendente volta a fornire dei contributi in termini di proposte ed expertise alla politica. Ciò non significa che non possa avere un proprio orientamento. Magna Carta, ad esempio, si colloca nel centrodestra, ma non ha un legame diretto con la realtà partitica, sebbene con essa intrattenga un costante rapporto. Il valore aggiunto di questi soggetti è, in generale, quello di coinvolgere anche la società civile, di orientarsi tra più punti di riferimento e trarne la sintesi.

Vista l’attuale crisi dei partiti, il think-tank può essere l’ultima frontiera della politica? O, forse, l’ultima spiaggia?

Non può fare da “supplente” ai partiti e alla politica,  ma può sicuramente rappresentare per loro uno strumento importante. Il think-tank serve ad uno scopo ben preciso: prendere gli spunti e le istanze provenienti dalla società e dall’economia ed elaborarli per offrire soluzioni valide alla politica. Nell’attuale momento di crisi, i think-tank possono dunque offrire ai partiti e, in generale, alla politica una sponda importante.

*Think-tank all’italiana, (pp.  181, 14 euro, Rubbettino).

Francesco Onorato

Francesco Onorato su Barbadillo.it

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