StorieDi#Calcio. I destini di Bonnie&Clyde: Bonucci leader, Ranocchia all’Hull

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Bonucci e Ranocchia ai tempi del Bari (betclic uff)

Qualche cantore, tra le strade del Sud, ha ancora voglia di eternare la rapsodia del Bari nella stagione 2009/2010. L’armata dei galletti, serrata e audace, sfiora il sogno europeo alla prima in Serie A e stupisce il mondo del calcio, da allora ammaliato dalla libidine di Mister Ventura. Le solide prospettive per il futuro – solo un anno più tardi finite in frantumi – si poggiano sui due colossi difensivi: Bonucci e Ranocchia. Un tandem marmoreo in simbiosi, futura speranza dell’intera nazione. Glaciali avanguardisti del pallone (è qui che Bonucci inaugura il suo ruolo da play arretrato e Ranocchia si consacra per la sua calma olimpica) e sconsiderati ai limiti della legalità: i Bonnie (calza a pennello per Bonucci) e Clyde del pallone, insomma. Un inseparabile duo apparentemente segnato da un destino comune, dritto verso la vetta. Non è andata così.

A fine campionato Inter e Juve si spartiscono, da buoni amici, le due promesse.

Ranocchia è il primo a consacrarsi: dopo una brevissima parentesi rossoblù a Genova, approda tra le fila dell’Inter (ancora sbronza per il recente Triplete), guadagnandosi subito la maglia da titolare – complici i logorii nerazzurri – e l’incondizionata stima del pubblico, sempre più convinto di essersi assicurato il migliore tra i due e di aver trovato “il nuovo Nesta”.

Bonucci, invece, viene travolto dalla babilonia bianconera e dai disastri di Del Neri, finendo per essere tra i capri espiatori nel vortice delle contestazioni. È solo nel 2012/2013 e con il collaudo della BBC che il centrale inizia, pian piano e poi ferocemente, ad essere protagonista, diventando perno e dimostrazione empirica della filosofia di Conte, testa e gamba.

Ranocchia e Bonucci in azzurro (sportcafè uff)

Nel frattempo è cominciato, lento e inesorabile, il declino di Ranocchia. Il caos sulla panchina e l’arrivo di Mazzarri – e della sua difesa a 3 – non sono certo d’aiuto, ma l’involuzione diventa sempre più allarmante e ingiustificabile. Amnesie e lentezze prendono il sopravvento, scacciando la sicurezza di un tempo. Non bastano neanche le chiamate in azzurro (dove i destini dei due attori tornano a intrecciarsi, con dolce nostalgia dei tempi che furono, con l’unica differenza che Bonnie non lascerà mai più la titolarità in Nazionale) e la pesante fascia di capitano. Forse troppe responsabilità – e forse troppo presto -, forse un accanimento eccessivo, segnano la carriera, in rampa di lancio, di Ranocchia. Allo sbando, sbiadito e irriconoscibile. Traghettatore di mediocrità, in rotta di collisione con la squadra, viene pian piano scaricato, fino ad essere definitivamente bocciato dal progetto del Mancio, che lo impacchetta e lo spedisce alla Samp. Per molti è la sua ultima occasione. È il momento del riscatto. Ma anche quest’esperienza fallisce, Ranocchia è vittima dell’insicurezza e a fine stagione viene rispedito al mittente. L’era De Boer è stato un fugace spiraglio per un’ultima opportunità. La neonata era Pioli ha decretato la sua condanna – momentanea? -: qualche ora fa, il centrale ex capitano è stato preso in prestito dall’Hull City, in lotta per non retrocedere. Proprio mentre Bonucci, nei salotti eleganti, ritira il premio Miglior Calciatore Aic. Il primo ha un sorriso di chi sa di non poter sbagliare ancora, il secondo ha un sorriso di chi ce l’ha fatta. Ma la loro espressione, per un attimo, come sette anni fa, è stata la stessa. Un’altra intersezione tra le due parabole opposte.

Ranocchia all’Hull (ansa uff)

E gli orizzonti perduti/ non ritornano mai. Buona fortuna in Premier, Andrea.

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Obafemi Martins

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