Artefatti. “Fascisti su Marte”, in guerra parolaia contro la realtà (che non c’è)

Dal film "Fascisti su Marte" di Corrado Guzzanti

Retrolampo: “L’Italia si espande di diritto sul Mediterraneo, tutti s’affanna col paraocchio bidimensional-borghese a parlar solo dell’Africa, la Grecia e l’Albania, ma la voce di Barbagli si staglia audace fuori dal coro: l’Italia ha diritto alla sua espansione anche in verticale; ma come! e dove gli si chiede increduli. Non la Luna, pallido sasso rivoltante di romanticherie per lacrimosi pagliazzi sodomiti, ma Marte perdio! Marte, che da rossa ha da si far nera. Ed ecco volargli appresso gli ingiusti strali: sognatore, fantascienzo, charlotto, squilibrato, arriva la pazza, la pazza volante…”

“X! IX! VIII! VII! VI! V! IV! III! II! I!”, messa giù così può sembrare una formula decrescente d’origine mitraica, l’esoterico declivio verso la palindromia Roma-Amor, forse pure la criptica formula per rivelare al mondo il superenalotto dei pontefici dolciniani – vaneggiando come Dan Brown tra cripte e piramidi rovesciate – ma certamente all’acuto lettore non saranno sfuggiti i punti esclamativi perentori, i più cazzuti ed anti-borghesi tra i gingilli della decadente punteggiatura democratica. Niente Santo Graal o conto alla rovescia per la fine del mondo, infatti si tratta del più prosaico rito propiziatorio alla “Marcia su Marte”, all’eroica partenza dell’imbullonato ed acciaioso “fascello” chiamato La Repentaglia IV. Difatti, perentoria quanto occultata dalla propaganda disfattista, trapela la storica notizia: alle ore 15.00 del 10 maggio 1939, Marte è fascista! Altroché fumose elucubrazioni su Tesla e sui campi magnetici, altroché post-verità retroattiva sullo sbarco lunare degli americani, l’ucronica impresa di quel manipolo d’arditi, furoreggia imperitura nei limacciosi anfratti complottisti, di tutti i “cosa sarebbe successo se…?” più o meno realistici, più o meno rivelatori d’una parola di passo. “In nulla ci impressionano questi alieni: noi con il grano ci si fa battaglia, voi meramente cerchi”.

 

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=u3MfamlYhxc[/youtube]

 

L’ironico revisionismo del film Fascisti su Marte, uscito nel 2006, conferma il genio visionario di Corrado Guzzanti, per comodità dei più definito comico. Il lungometraggio, maniacalmente imbastito esasperando la retorica dei cinegiornali Luce – con tanto di filologica grafica squadrata – sintetizza al meglio l’iperbole dialettica in voga durante gli anni del consenso, prendendo spunto da declamazioni futuriste e da spavalderie strapaesane. Il fatto che si trovi esilarante la traduzione di “flashback” in “retrolampo”, riprendendo nel film le direttive anti-anglofone del regime, non depone certo a nostro favore, visto il livello supino raggiunto oggi dalla (fu) lingua italiana. Nomi e cognomi della provincia ancestrale, declinati in profili macchiettistici, in maschere sardoniche. Pini, Fecchia, Freghieri, Santodio, guidati dall’integerrimo capomanipolo Gaetano Maria Barbagli, si ritrovano quindi sul rosso pianeta e con piglio avanguardista cercano di mantenere una condotta colonialista e civilizzatrice, nonostante attorno vi sia null’altro che desertica desolazione. Senza ossigeno, con un busto del Duce (da passeggio) in spalla, gli squadristi esploratori oppongono un maschio stoicismo dinnanzi alle quisquilie della realtà:

“Un semplice «Me ne frego» sostituisce respiratori e vezzosi orpelli con cui le donnette arricchiscono il paese della sterlina e la marcia riprende. Ossigeno o no, Marte sarà conquistata”. La realtà non esiste.

Uomini-missile si stagliano verso il futuro, concionando à la Marinetti in spazi illimiti. Qui il colpo di genio, che conferisce al film una vena poetica parolibera, sottotraccia rispetto all’ilare parodia. Viste le condizioni avverse, scatta la surreale riproposizione di scenari politici terrestri, traslati lassù in solipsistiche ostentazioni littorie e nel proliferare di sigle para-stataliste, quali soluzioni immaginarie alle asperità. Così i sassi immoti – ribattezzati anglosassi o Mimimmi –  si trasformano in nemici alla maniera di Cervantes coi mulini, con addirittura la parodia all’interno della parodia, canzonando Schindler list poco prima dei Teletubbies.

“S’è pronti a morire per una buona causa, ma in mancanza si muore anche a vanvera, Marte non è un pianeta, è una fede: o Marte o morte”.

Lessico declamatorio da adunata di Balilla, adorabili italianizzazioni di termini esotici, citazioni trash da Star Trek ed un epilogo 2001: Odissea nello spazio, concomitante alla monologante memorialistica sui traditori, schiavi di quelle lucette colorate.

“Là dove c’era una montagna – nostra per altro e non si fa questione – ora vagheggia un magma budinoso su cui smerenda il trottolo dei cieli. Hanno l’arma segreta! Doppia onta, onta su onta, come ebbe a dire quel sinistro astigiano”. Capolavoro.

@barbadilloit

Donato Novellini

Donato Novellini su Barbadillo.it

Exit mobile version