Libri. “266.”: la chiesa di Papa Francesco vista dal vaticanista Rai Aldo Maria Valli

Il libro di Aldo Maria Valli.
Il libro di Aldo Maria Valli.

Tutta la problematicità di 266. Jorge Mario Bergoglio. Franciscus P.P (Liberlibri, 2016), saggio del vaticanista Aldo Maria Valli è in questo brano: «Non stupisce che, soprattutto dopo Amoris laetitia, molti osservatori abbiano annunciato la nascita di una Chiesa nuova, la “Chiesa di papa Francesco”, una Chiesa non più giudicante ma dialogante nel senso in cui la cultura dominante intende il dialogo: cioè una Chiesa neutrale e neutra, priva della capacità e della volontà di distinguere, di valutare, di esprimere un giudizio. Ma inevitabile è una domanda: se la Chiesa non giudica, non distingue e non valuta, qual è la sua funzione? Francesco, con il suo paradigma pastorale della misericordia, sembra rispondere che lo scopo della Chiesa è quello di consolare e accompagnare, ma può esserci consolazione senza valutazione? Può esserci accompagnamento senza giudizio?». E ancora: «Il papa ha forse decretato che il modo soggettivo di vivere un’esperienza è l’unico metro in grado di valutare la qualità morale dell’esperienza stessa? Se un dolente Paolo VI, nel lontano 1972, arrivò alla conclusione che “attraverso qualche fessura il fumo di Satana è entrato nella Chiesa”, oggi possiamo chiederci: attraverso quelle fessure è entrato anche il relativismo?».

Polemiche in vista

Come annuncia l’ufficio di comunicazione che supporta 266, questo libro «di sicuro farà discutere, perché è un testo che si pone e pone molti interrogativi: non a caso, sette titoli dei nove capitoli che lo compongono (e venti titoli dei cinquantadue paragrafi) terminano con il punto di domanda». Gli stessi interrogativi che in quasi tutto il mondo occidentale – un po’ meno in Italia – sta suscitando il caso Francesco. Finita la luna di miele del primo scorcio di Pontificato, e dopo gli esiti non esaltanti del giubileo straordinario dedicato alla Misericordia, ma anche incerti del duplice Sinodo dedicato alla Famiglia, Aldo Maria Valli si siede al tavolo e mette nero su bianco sensazioni e dubbi connessi ad una stagione di difficile declinazione. Se a farlo è poi un giornalista Rai, tv che ha nelle sue linee editoriali il sostegno acritico di qualunque pontefice, la questione si fa tanto interessante quanto seria.

Un libro da capire

Intanto, perché un numero nel titolo? Perché Jorge Mario Bergoglio, eletto il 13 marzo 2013, è il pontefice numero 266 nella storia della Chiesa cattolica, il primo papa sudamericano e gesuita, il primo a trovarsi a convivere con un papa emerito e il primo a scegliere per sé il nome di Francesco. Questo libro, fortemente critico nei confronti delle esternazioni del pontefice – seppur nella piena consapevolezza delle «manipolazioni e omissioni» dei media – nasce proprio da lì: dal disorientamento causato da quelle parole. Ma chi è davvero questo papa che disorienta e sconcerta? La Chiesa si interroga, il mondo si interroga, l’autore si interroga. Al di là del successo, dell’entusiasmo e della simpatia di cui Bergoglio sembra godere, esiste seriamente un “caso Francesco” su cui interrogarsi. Le contraddizioni, le risposte talora troppo vaghe e approssimative rendono questo Papa una vera incognita per i commentatori e per gli uomini di fede. Ma gli equivoci e i famosi “bergoglismi” sono dispensati a uso e consumo del mondo mediatico da un abile comunicatore o sono incauti scivoloni di un uomo ingenuo e superficiale?

Chi è dunque Francesco?

Spiega Aldo Maria Valli: «Francesco è troppo intelligente per non sapere che anche il modo in cui si dicono le cose ha una certa importanza. E infatti è il primo a riconoscere che qualche sua spiegazione può essere apparsa “sinistrina”. Un po’ ingenuo e un po’ furbo, come lui ha dipinto se stesso e come è sempre davanti ai giornalisti, per fugare ogni dubbio Francesco si dice anche disposto a recitare il Credo, e con quest’altra battuta fa capire di essere ben consapevole dello sconcerto che sta provocando in alcuni settori della comunità ecclesiale. Però procede dritto per la sua strada, perché convinto che oggi sia più importante intervenire sulle ingiustizie sociali, le povertà vecchie e nuove, i problemi ecologici e la “cultura dello scarto” piuttosto che battere su aspetti dottrinali e questioni morali (i famosi “valori non negoziabili” dei tempi di Benedetto XVI: aborto, eutanasia, omosessualità, procreazione artificiale) rispetto alle quali in un recente passato i pronunciamenti sono stati martellanti. Ecco spiegata la sua strategia, che comunque, a onor del vero, in materia di aborto, eutanasia e procreazione artificiale, non gli ha impedito di ribadire la linea dei suoi predecessori».

Il punto di vista di Valli

Lo spiega lui stesso: «Pur abituato alle discussioni e alle polemiche sull’operato dei papi (me ne occupo da più di vent’anni), devo ammettere di non aver mai assistito a un confronto così aspro. In Italia è un po’ sotto traccia, ma è in corso, soprattutto nel web. E al centro della discussione c’è lui: Francesco. Osannato da alcuni, criticato e avversato da altri. Qualcosa di analogo avvenne sotto il pontificato di Giovanni XXIII, specie dopo la sua decisione di indire il Concilio Vaticano II. Anche Roncalli, tanto amato da passare alla storia come il «papa buono», fu infatti accusato di modernismo e progressismo, anche a lui, come oggi succede a Francesco, qualcuno diede del «comunista» e ci fu chi gli imputò di essere troppo ecumenico e poco rispettoso della tradizione. Per certi ambienti, il suo richiamo all’aggiornamento fu un autentico tradimento e il dibattito sul suo operato si fece infuocato, ma forse non così duro come lo è oggi su Francesco, anche perché all’epoca i mass media non erano onnipresenti come adesso e non c’erano i social network, catalizzatori di estremismi».

Un contesto in frantumi

Forse un’epoca è davvero mutata. «Oggi, di fronte al dilagare di soggettivismo e relativismo, immersi come siamo nella cultura “liquida” della postmodernità, esposti al rischio di veder svanire tutti gli strumenti in grado di assicurare una valutazione morale, il paradigma storico mutuato dal Concilio Vaticano II può ancora costituire la chiave di lettura principale? Non occorre forse aggiornare e integrare il tutto con riflessioni successive? Il problema di oggi non è forse l’opposto di quello di mezzo secolo fa? Oggi, anche come Chiesa, non rischiamo forse, a differenza di allora, di essere troppo immersi nella storia e incapaci di dotarci di punti di riferimento stabili, in grado di orientare un’umanità moralmente sbandata?» E c’è da chiederselo sul serio.

@fernandomadonia

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Fernando M. Adonia

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