Cultura. “Dello spirito libero” di Tronti, Heidegger e il patto Goethe-Dostoevskij

Martin Heidegger
Martin Heidegger

«Si racconta di Heidegger che festeggiò la sera in cui seppe del patto Ribbentrop-Molotov, perché, disse, finalmente lo spirito di Goethe si è ricongiunto con lo spirito di Dostoevskij».

Così annota Mario Tronti, padre dell’operaismo italiano e fine filosofo della politica, nel suo saggio Dello spirito libero. Lo fa per ricordare un’epoca ormai trascorsa, ma non così arcaica, in cui Europa significava progettualità, radicamento in un nomos, scontro di idee, archetipi, orientamenti. Lo fa suggerendo che le vicende storiche possano leggersi non soltanto su un piano storiografico, ma andando a scomodare categorie filosofiche, ontologiche persino. Ché il patto cui Heidegger guardava, con scarsa lucidità politica contingente, ma con profetica visione prospettica, non era l’accordo diplomatico in quanto fatto del dominio ontico, bensì una sinfonia di spiriti, quello germanico e quello slavo, attorno a cui l’evento ontologico potesse costruire un’eredità comune. Nazionalsocialismo e bolscevismo si rivelarono tragici portatori di un destino che la lettura simbolica di Heidegger ha visto solo in controluce. Una interpretazione, la sua, che è autentica fatica del concetto. Il pensiero, precisa infatti Tronti, quello vero, «non è il resoconto di quanto si vede anche senza pensiero, non è la descrizione empirica, l’analisi del dato, la formalizzazione logica, di ciò che è, spesso nient’altro, questo ciò che è, maschera di ciò che appare».

Ad Heidegger mancava ancora un importante tassello esegetico per attuare una comprensione ulteriore. Un tassello che si chiama “tecnica”, sul cui dominio il “mago di Messkirch” ha speso nel secondo dopoguerra preziosi fiumi di parole.

Ricordare, al di là del giudizio di valore, che la Germania è fra le altre cose Goethe, e la Russia è anche Dostoevskij, è oggi un atto di testimonianza. Culturale e spirituale. Chissà che non si possano presentare contingenze politiche adatte a una rievocazione dello scenario figurato da Heidegger. Si può aggiungere, a mo’ di corollario, l’immagine di Alexandre Kojève, sempre citata da Tronti: «A Stalingrado si è combattuta l’ultima battaglia tra destra e sinistra hegeliana». Espressione affascinante di un pensatore visionario. Oggi, invece, siamo tutti figli di Francis Fukuyama. E della sua “fine della storia”.

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Luca Siniscalco

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