Il caso. Dalla parte di Lulic, (altra) vittima del politicamente corretto

ROME, ITALY - DECEMBER 04:  Kevin Strootman of AS Roma reacts during the Serie A match between SS Lazio and AS Roma at Stadio Olimpico on December 4, 2016 in Rome, Italy.  (Photo by Luciano Rossi/AS Roma via Getty Images)
Lulic Strootman. pg uff forzaroma

“Dopo il gol (Rudiger) ci ha provocato. Già parlava prima della partita, due anni fa a Stoccarda vendeva calzini e cinture e adesso fa il fenomeno…”

 

Senad Lulic non è riuscito a sopportare, di nuovo, la misera proskynesis nei confronti dell’Inquisizione del pensiero unico. Un sussulto solitario e distante che è scossa vitale di politicamente scorretto, fieramente sbandierato proprio in quei salottini televisivi imperi di tartuferia.

E allora ode al bosniaco, vittima sacrificale della gelida bufera che tutti sapevamo, dal primo momento, sarebbe arrivata, puntuale, isolando e travolgendo il barbaro disubbidiente, sorretta a suon di moralismo dal solito esercito indignato (all’occasione rimpolpato da ospiti d’eccezione). “Vita o morte!” sembrano ripetere i sedicenti paladini della giustizia, pronti a esporre il ribelle alla berlina di foucaultiana memoria. E così Lulic, di fronte alla lama della ghigliottina, corre a redimersi in una graduale purificazione, rifugiandosi in scuse su scuse che riportano l’ordine della neolingua. Non importa che rasentino il ridicolo. Importa che servano da lezione. E i soliti si sfregano compulsivamente le mani compiaciuti dell’efficienza della macchina del terrore.

Ancora una volta, dopo il caso Di Canio, ha la meglio l’ottusità del sistema, costantemente preoccupato del più flebile dei segnali di insurrezione (persino nel mondo del calcio) e cieco di fronte alle priorità. Ancora una volta è stato rovinato l’idillio del derby, che era tornato a essere anche derby crudo, di insulti, acqua in faccia, manate, risse finali. Sudore e urla. Finalmente. Ogni maschera era perduta di fronte all’animo brutale sviscerato, invocato dall’orda degli spalti che non ha mai chiesto altro se non “sangue e arena”. (Ri)vogliamo le sane provocazioni, l’odore della polvere, l’onore dei Padri che hanno dato la vita. L’anima. Ci manca quella vecchia liturgia dal retrogusto goliardico che sapeva di purezza, svincolata dalla forma, candida eppure sporca essenza della Lupa e dell’Aquila.

Ma sempre più persone si stanno svegliando. E la fortezza della modernità buonista sta diventando trincea sempre più soffocante. Manca poco alla Battaglia dei Campi del Pelennor e l’Esercito dei Morti ha già risposto presente.

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Francesco Petrocelli

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