Il caso. Kim Jong-Un la spara grossa: “I nostri giovani saranno più forti di Messi”

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Kim Jong-Un (pg Fb Alluned)

“Alleneremo i nostri giovani calciatori affinché diventino giocatori più forti di Messi“. Firmato Al Khelaïfi? Al Mubarak? Abramovič? Agnelli? Suning? No. E’ l’ultima sobria dichiarazione di Kim Jong-Un.

Il presidente nordcoreano, dopo aver subito messo le cose in chiaro con Donald Trump (ricordando al tycoon che la Corea del Nord ha intenzione di accrescere l’arsenale nucleare), è passato al calcio. Al lato pop del potere. E gli obiettivi sono inequivocabili: make Nord Corea great again. Già, perché sono passati esattamente cinquant’anni – troppi, davvero troppi – dal folle Mondiale in Inghilterra dove i Coreani ebbero la meglio sull’Italia, approdando ai quarti. Cinque decadi di buio pesto, di Corea del Sud global, occidentale, non vanno più bene: tocca cambiare rotta in modo drastico. E se i risultati politici, la crescita e il rispetto stanno arrivando, sul pallone non ci siamo ancora. Ma forse anche questo, lentamente, inizia ad essere uno sbiadito fantasma del passato, poiché tutti i fasti della settimana sono stati dedicati all’apertura della scuola calcio a Pyongyang – che ospiterà più di 200 ragazzi (e ragazze) -, candidata suprema al ruolo di fabbrica di talenti che surclasseranno i principi albicelesti e della Seleção, cancellando il ricordo di Messi, sovvertendo ogni canone, vincendo tutti i trofei a disposizione. Imponendo la loro supremazia, fisica ed estetica. E probabilmente anche ideologica: gli allenamenti della nuova scuola calcio saranno a dir poco insoliti, basati su esercizi di tattica perennemente accompagnati dalla musica.

Ad appoggiare le ambizioni del presidente della Repubblica Popolare della Corea del Nord c’è Ri Yu Él, allenatore della nuova accademia, che però vola più basso: “per ora desideriamo dominare l’Asia, poi penseremo al resto del mondo”.

Comunione d’intenti e determinazione. Il nucleare scopre il calcio, anche come rafforzamento dell’identità. E gli piace da impazzire.

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Francesco Petrocelli

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