Libri. “Le fogne del paradiso”, il romanzo autobiografico del bandito-patriota Spaggiari

sansarmeIn Italia il 2016 è l’anno di Albert Spaggiari, il ladro-gentiluomo francese morto proprio nel nostro Paese, nel 1989, dopo una vita spericolata vissuta in latitanza. E’ l’anno di Spaggiari non solo perché nel 2016 ricorrono i quarant’anni del “colpo” in banca che lo rese famoso, il furto magistrale alla Société Générale di Nizza passando dalle fogne e scavando un tunnel fino al caveau delle cassette di sicurezza. Lo è perché proprio quest’anno sono usciti due libri importanti sulla sua storia, i primi in Italia.

Infatti mentre in Francia Albert è stato una celebrità “noir” sin dal primo momento e su di lui sono stati scritti centinaia di articoli, decine di libri e sono stati realizzati persino due film; da noi la sua figura era pressoché sconosciuta. E questo malgrado lui fosse di origine italiana, così come Emilia De Sacco, la compagna che è stata con lui per tutto il periodo della latitanza; e benché Spaggiari fosse molto legato al nostro Paese, tanto da morire – per un maledetto cancro ai polmoni – in una casa sui monti del Bellunese.

Il primo libro (mi scuso per l’autocitazione) è il mio Vita spericolata di Albert Spaggiari, uscito lo scorso maggio per Idrovolante Edizioni, una biografia che si legge come un romanzo – perché la vita di Albert è stata un romanzo – e che ripercorre l’intera parabola dell’avventuriero, dall’infanzia sui monti della Provenza alla guerra d’Indocina vissuta con l’uniforme dei parà, dalla militanza nell’Oas alla progettazione del “colpo del secolo”, dal furto all’evasione, fino alla lunga latitanza in Spagna, Sudamerica e appunto Italia.

Il secondo libro è invece uscito da poche settimane e s’intitola Le fogne del paradiso (Oaks Editrice, 18 euro) ed è stato scritto dallo stesso Spaggiari mentre si trovava in carcere dopo il colpo di Nizza. In Francia uscì nel 1978 ed è stato un piccolo successo editoriale, ma in Italia non era mai stato tradotto. Quindi onore al merito al traduttore Jacopo Ricciardi, che ha saputo rendere alla perfezione l’argot ricco e popolare di Spaggiari; al direttore editoriale Luca Gallesi e al vulcanico curatore dell’intera operazione Carlos D’Ercole, anch’egli rimasto folgorato, come tanti altri, dall’esistenza inquieta e avventurosa del fuorilegge nizzardo. Completano il volume una prefazione di Stenio Solinas e una postfazione di Tomaso Staiti di Cuddia, l’ex parlamentare del Msi che conobbe Spaggiari durante la latitanza e gli fu amico fino alla fine.

Le fogne del paradiso è un libro “potente”, che non appartiene al genere delle memorialistica né degli instant-book scritti per sfruttare un breve momento di gloria. Le fogne del paradiso è un vero romanzo, autobiografico ma scritto con il piglio e la creatività dello scrittore di razza. Non a caso Spaggiari pubblicherà in Francia altri due libri che avranno un discreto successo di critica e pubblico, tanto da farlo intervistare (all’estero, ovviamente, essendo ancora latitante) da Bernard Pivot, il più importante giornalista culturale della televisione francese.

Spaggiari

Nel volume di 224 pagine Albert descrive con una prosa ironica, incisiva e talvolta surreale le varie fasi della preparazione del colpo, la faticosa realizzazione dello stesso (due mesi di scavi nelle viscere della città), l’emozione di riuscire a penetrare in quello che veniva definito il Fort Knox di Francia, l’arresto, la confessione davanti al giudice e infine la rocambolesca evasione dal Palazzo di Giustizia di Nizza, via verso nuove avventure non sempre a lieto fine.

Dal romanzo autobiografico nel 1979 il famoso regista Josè Giovanni – autore di film come Il Clan dei Marsigliesi, Due contro la città, L’uomo di Marrakech – trasse un lungometraggio dal titolo Les égouts du paradis, cioè Le fogne del paradiso, purtroppo mai arrivato in Italia. E quasi trent’anni dopo, nel 2008, Jean-Paul Rouve dirigerà un altro film dedicato alla storia di Spaggiari, Sans arme, ni haine, ni violence (Senza armi, né odio, né violenza), vale a dire la famosa frase che il ladro-gentiluomo lasciò scritta sui muri del caveau appena svaligiato.

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Giorgio Ballario

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