Mostre. Impressionismo a Treviso: la rivoluzione degli artisti liberi e borghesi

storie-dell-impressionismo-treviso-bw-premier-bhr-treviso-hotelE c’è chi scrive che sia la mostra delle mostre. Con centoventi capolavori provenienti da tutto il mondo. In particolare dai musei americani: uno l’Art Institute di Chicago, punto di riferimento internazionale già da molti anni. Chicago presta sei opere straordinarie al Museo di Santa Caterina di Treviso per “Storie dell’Impressionismo. I grandi protagonisti da Monet a Renoir da Van Gogh a Gauguin.” La città veneta diviene così il centro di un’iniziativa di grande risonanza con la raccolta di opere che tentano una sontuosa ricapitolazione, a cura di Marco Goldin. Dal 28 ottobre 2016 al 17 aprile 2017, questa occasione riporta il confronto con la storia europea, con gli slanci artistici alla ricerca della luce, con l’idea di un pittura bagnata dalla gioia dei colori.

Ora, l’Impressionismo da incontrare o da illustrare ai giovani comunica una generazione di artisti che decise di far saltare il banco delle concezioni tradizionali. Tuttavia. Proprio quando  rifiutavano i soggetti mitologici e la pittura accademica, gli impressionisti guardavano al passato francese dei maestri come Degas o Corot. Così dal passato, ossia dall’arte giapponese, arrivavano gli impulsi per la nascita di una potente rivoluzione pittorica; e la mostra legge le influenza tra l’arte occidentale e la cultura orientale in artisti come  Monet, Manet, Van Gogh. Le rivoluzioni avvennero sì per fondare un futuro diverso, però, senza mai perdere il contatto con la ricchezza delle culture del passato. 

A Treviso si comprende una storia artistica complessa; e, per sintesi metaforica, essa è un ponte da percorrere per entrare nel Novecento: un  secolo già leggibile nell’opera di Monet ‘Scogliere a Etretat’ (1885) dove le geometrie creano una nuova sintesi attraverso il segno pittorico nervoso e la fuga nella soluzione materica. Della sensiblerie impressionista conosciamo tutto; la ritroviamo nelle natura morte di Cézanne, nelle rappresentazioni che concentrano la grande bellezza del quotidiano o la semplicità sublime di una mela, giacché come disse l’immenso pittore, “Con una mela voglio sorprendere Parigi.” Questa intensità è raccontata in una delle tre sezioni, ‘La posa delle cose’, nella quale – da ‘Chitarra e capello’(1862) di Manet a ‘Natura morta con teiera’ (1902) di Cézanne –  si ricostruisce il senso delle cose, non la loro mera esibizione. Per le nature morte di Cézanne, quindi Goldin ricorda che le cose raffigurate dagli impressionisti hanno perso la loro identità oggettuale per diventare “pura contemplazione.”

La capacità di non essere solo un’esposizione ma un notevole evento culturale è chiaramente dimostrata  da questa iniziativa che presenta inoltre la performance musicale di Antonella Ruggiero, i dialoghi con  Gianni Mura e Massimo Bubola; delle iniziative promosse a titolo gratuito per chi avrà comprato il biglietto nei giorni dei concerti o degli spettacoli. Il lavoro di Marco Goldin va nella giusta direzione, in quanto l’organizzazione della cultura ha la possibilità di generare valore, sinergie, occupazione nel momento in cui costruisce intorno a sé un sistema di eventi.

Di certo l‘evento ‘Storie dell’impressionismo’ racconta degli artisti che trasformarono il loro ruolo  nella società, non più al servizio dei principi o della chiesa, ma come produttori di forme alla ricerca dei propri clienti e di una nuova espressione per l’individuo libero e borghese.

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Renato de Robertis

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