Cultura. “Una vita con Cioran”: l’umano troppo umano nel racconto di Simone Boué

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Simone Boue con Emil Cioran

Se all’interno di un percorso tutto di filosofia e saggistica, sì è sfiorato, anche solo per un istante, il pensiero di Emil M. Cioran, risulta gravoso collocare lo scrittore dentro una suggestione amorosa. Lo si vede approssimarsi al tramonto della vita nel trascinamento sensuale, fecondato dall’insegnante tedesca di filosofia e letteratura, Friedgard Thoma. Un trasporto, alimentato e al contempo frantumato da trentasei anni di differenza. Quando si incontrano, lo scrittore rumeno ha settantadue anni. Ma sino a quel momento e anche in seguito, chi tacitamente e nella discrezione di un amore cinquantennale, resta fedelmente al fianco di Cioran? Si è dovuto attendere il 2016 per poter leggere nella traduzione italiana di Massimo Carloni, l’intervista di Simone Boué, rilasciata a Norbert Dodille. Prima di questo momento, le dichiarazioni concesse nel 1996, appaiono solo nel volume “Lectures de Cioran, textes réunis par Norbert Dodille et Gabriel Liiceneau”.

Simone, donna indipendente quanto discreta e riservata, si abbandona al filo del ricordo di una vita insieme allo scrittore, sulla spinta, nonché mediazione di Marie-France, figlia di Eugène Ionesco. L’apertura è nel primo e definitivo incontro tra i due, il battito accade in una mensa scolastica parigina nell’avvicinamento pretestuoso di una curiosità culinaria. Il desinare improvvisato di un novembre del 1942, già pensiero nel desiderio di Simone: “Il était beau comme un Russe”. Dal quel preciso momento, l’insegnante e il filosofo, in una vita semplice, edificata sull’essenziale, non si separeranno più, se non nell’ineluttabilità della morte. La relazione iniziale si scrive tra stanze di alberghi a basso costo e luoghi studenteschi. Il legame, pur nell’intermittenza di alcune distanze, si fa stabile nella sicurezza dell’incarico lavorativo della docente. Rue de l’Odéon, sorvegliata dal ticchettìo dei tasti di una mansarda, figura come la romantica cornice eletta dalla coppia.

Nel fluire della memoria, Simone si distende davanti a un importante profluvio di aneddoti che donano un Cioran umano, troppo umano. Fragilità o imperfezioni che rivoltano il mito di un disincanto apparentemente irreversibile, costruito intorno alla sua figura. L’autore di “Al culmine della disperazione” o de “L’inconveniente di essere nati” è nelle reminiscenze della compagna di una vita, un uomo domestico che teorizza la siesta pomeridiana come un imperativo sine qua non. Breve riposo, che presumibilmente, porta direttamente al cospetto della nemica di sempre, l’insonnia; curata e trattata mediante lunghe passeggiate notturne.

Simone è altresì l’occasione per un ravvedimento, un ripensamento di tutto l’universo femminile; scrive Cioran invero all’amico Costantin Noica:

“La gloria fra quattro mura supera lo splendore degli Imperi!”.

Ed è esattamente in questo punto che la misoginia, tanto decantata, muta volto, si assottiglia sino a svanire nella carne e nello spirito della donna. Lo stesso Noica domanda a Simone come si possa vivere con Cioran. La risposta non si fa attendere, tutta nella dichiarazione di una certa inclinazione alla libertà. Respiro che include entrambi sotto lo stesso cielo di Rue de l’Odéon. Indipendenza che si allinea a una passione per la vita semplice; il tramite con la natura in una bicicletta.

Simone è la donna operosa che batte tutti i testi dell’amato a macchina, la devota dell’artista che non si fa mai sottomessa. Conserva il lavoro, un prezioso ciclo di tempo per se stessa, senza mai sottrarre attenzione ai momenti dedicati a Cioran; non in una sudditanza, ipotizzabile sul tratto di un timore reverenziale, ma dentro una femmina votata nella sua completezza. Il filosofo non figura come un’immagine alpestre che colma la fragilità della donna; insieme vibrano all’unisono in una giostra generosa di compensazioni. La compagna è l’immagine soave di colei che ascolta le angosce di artista, libera dalla presunzione fallimentare di arginarle. Scruta le sue voragini farsi parole e poi opera, alla maniera di un’ala protettrice presente e mai asfissiante. In alcun caso si fa servile e rinunciataria per qualcuno che non domanda abnegazione. Lo supporta nell’esistenza con la stessa costanza che adopererà per restargli accanto alla fine della vita. Termine segnato dall’Alzheimer, malattia che incrinerà corpo, mente e la nobiltà del gesto suicidario nella sua teorizzazione. Dopo la morte di E.M. Cioran, la Boué, nell’occasione casalinga del riordino, scopre l’esistenza prima e l’importanza poi, dei quaderni. Nella lettura viene investita dal lampo di una potenza capitale nella pubblicazione di tali scritti. Parte dei pensieri sono stesi di notte, raccontano ancora un altro Cioran, tra i tanti, quello perseguitato dall’ombra incombente del fallimento.

I quaderni per mano di Gallimard si fanno Cahiers ed escono naturalmente postumi. Simone, pur rintracciandosi in molti degli accadimenti descritti, non viene mai nominata. Peculiarità che non sconvolge la donna; colei che comprende e meglio conosce l’autore di una vita. Afferra l’idea che Cioran parla solo di se stesso, concetto oltremodo ribadito in molteplici occasioni:

“Se i miei libri sono sinistri è perché mi metto a scrivere quando ho voglia di bruciarmi le cervella”

L’insegnante conosce e custodisce i quaderni, non senza donare all’umanità, un patrimonio irrinunciabile dall’opera di Cioran. Camminano insieme e vicini per cinquant’anni; non si incollano, ma non riescono a dividersi. Sono due vite che fluiscono dentro una e non una divisa in due. Simone Boué, con la discrezione che la caratterizza, racconta gli amici dello scrittore: le chiacchierate con Ionesco e i silenzi con Beckett.

E.M. Cioran, nell’unicità del suo pensiero, non si rende isola, al contrario figura quasi un’inconcepibilità in assenza di Simone. In Francia, il successo arriva in ritardo, forse in virtù di quel tratto che ama riportare alla sua devota e sopra una finestra spalancata sul mondo:

“Meglio essere sconosciuto che famoso. Non bisogna essere compresi”

Simone Boué lascia la vita con discrezione e mistero, il suo corpo viene restituito dall’Oceano Atlantico. La verità resta nelle pieghe di quell’onda che non svelerà il mistero di una morte casuale o voluta. Insieme riposano nel cimitero di Montparnasse.

* Una vita con Cioran di Simone Boué – Intervista con Norbert Dodille. Scuola di Pitagora editrice, traduzione e cura di Massimo Carloni. 

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Isabella Cesarini

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