Media. Nietzsche, l’indigestione di notizie e il presente che sfugge nel rullo dei Tg

editoria-contratto-giornalistiStamattina accendendo un qualsiasi canale all-news 24h lo scenario che ci si presenta è questo: diretta video dei funerali per la tragedia ferroviaria pugliese, dirette, approfondimenti, ricostruzioni ed interviste da Nizza e dalla frontiera italo-francese; dirette, approfondimenti, ricostruzioni, interviste e mood-checking dei vari leader mondiali in seguito al golpe fallito in Turchia.

Dopo cinque minuti di tutto questo l’uomo moderno probabilmente proverà malessere, pesantezza, si sentirà spaesato con un fortissimo senso di “indigestione” storica.

Su questo grande pericolo che corre l’uomo moderno ci aveva avvertito già Nietzsche più di un secolo fa, a partire dalla II Inattuale: “Sull’utilità e il danno della storia per la vita”. Gianni Vattimo nella sua introduzione a Nietzsche analizzando  questa inattuale dirà: “all’uomo del secolo XIX è dato più materiale conoscitivo sul passato di quanto egli riesca ad assimilarne, a digerirne: questo materiale grava sul suo stomaco, e produce quella mancanza di stile in cui consiste propriamente la decadenza”.

Ora, se l’uomo dell’800 (il cui maggiore mezzo d’informazione era il quotidiano cartaceo) non riesce a “digerire” una tale quantità di notizie sul passato, come possiamo immaginare che l’uomo contemporaneo (TV, radio, quotidiani online, dirette su facebook, twitter, youtube, satelliti, all-news 24h etc etc) riesca non dico a digerire, ma quantomeno a masticare l’infinita amalgama eternamente in moto di informazioni (solo) su quello che gli accade attorno nella sua propria epoca?

Nel mondo globalizzato un albero che cade nella foresta amazzonica oggi ha un enorme impatto finanziario sulle borse fra un mese, una guerra civile in Nigeria in massimo due mesi farebbe invadere le coste di mezza Europa (questo già accade, eh), una grande banca d’affari americana che fallisce crea crisi, fame e disoccupazione in Europa (questo è già accaduto eh), una crisi economica nazionale di media durata ad un colosso come la Cina avrebbe delle conseguenze catastrofiche su tutto il resto del mondo (questo speriamo che non accada).

Che significa tutto questo? Che siamo ogni giorno costretti ad allungare sempre di più le nostre orecchie sulle sorti di ogni vicolo del mondo, questo inevitabilmente porta ad abituarci alle grandi stragi. Credo che se una contessina europea del ‘700 (nobile di cuore, non solo di sangue) avesse saputo quello che abbiamo saputo noi dai nostri media nell’ultimo anno (anche restringendo il campo alle sole stragi dell’ISIS) sarebbe svenuta per il dolore. Noi no, oramai come è naturale, ci siamo abituati e questo ci porta ad apatia esistenziale e distacco dall’azione; invece di “fare notizie”, mettere in moto la storia, ci limitiamo a subirla, affoghiamo sempre di più nel mare magnum dell’informazione iper-liquida.

Chiara Piazzesi nel suo saggio su Nietzsche parlando dello stesso problema sopra affrontato da Vattimo dice: “l’enorme incremento degli stimoli a cui l’individuo è sottoposto nela modernità si accompagna, in un deleterio connubio, all’indebolimento della capacità di digerirli.”

Qui allora ribadiamo il confronto fra l’uomo dell’800 e quello di oggi: se il primo non riusciva a metabolizzare il passato, come possiamo sperare che il secondo ci riesca con il presente? Il presente non gli appartiene perché in un mondo così veloce (per usare un eufemismo) come può lui appropriarsi di quello che gli accade attorno? Come può riflettere criticamente su ciò che gli è capitato ieri se “l’oggi” lo soffoca sotto il peso enorme delle news? La conclusione sembra essere questa, l’uomo di oggi non vive il suo tempo, lo insegue. Perduto in un limbo liquido sorretto unicamente sull’ultima notizia (difatti questa cancella sempre la precedente) può solo aggrapparsi alla notizia topic del momento per non affogare ed essere trascinato via, in bilico così continuamente arranca.

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Vincenzo Cerulli

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