Il ricordo. Sei anni senza Taricone, ‘o guerriero contro il conformismo

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In occasione del sesto anniversario dalla morte di Pietro Taricone, Barbadillo lo ricorda con un articolo uscito nel 2011 per Epolis Bari a firma del nostro direttore Michele De Feudis

Pietro Taricone ha avuto “una fine da guerriero, una fine dove fatalmente si mescolano l’uomo con il personaggio, la finzione con la realtà, il coraggio con la malasorte”. Icona della prima edizione del Grande Fratello, dopo l’ubriacatura di notorietà, l’attore campano aveva demolito colpo su colpo ogni stereotipo sui protagonisti dei reality.

Come? Scegliendo la sobrietà, lo studio della recitazione, l’impegno nel sociale, il paracadutismo con Casapound (aiutava i meno abbienti ad avvicinarsi alla disciplina finanziando un prestito d’onore da restituire in dieci rate). Ai ritrovi di star e starlette nelle discoteche preferiva la vita ritirata con l’amata Kasia Smutniak. In campagna, lontano dai riflettori, per praticare i valori più sani su cui si fonda una comunità familiare. Un anno fa “O’ Guerriero” ha trovato la morte nel tragico atterraggio a Terni dopo un lancio da 1500 metri.

Andava a scuola nello stesso liceo di Roberto Saviano. L’autore di Gomorra dopo la sua scomparsa, scrisse una lettera a Il Mattino: “E lui sulla soglia del circo mediatico seppe prendersi il suo tempo, scegliere il suo percorso, approfittare dell’opportunità avuta per studiare e migliorarsi. Non farsi ferire dalla bile o dalle accuse per il successo che in certe parti d’Italia è la colpa peggiore. Amava volare, “perché il cielo non tradisce” come ogni paracadutista sa. A tradirlo è stato l’atterraggio, è stata la terra”. Con Saviano (che oggi sembra aver perso questa scintilla da quando ha deciso di abbracciare quel conformismo che Pietro scansava ndr), Taricone condivideva la passione culturale per gli “irregolari”: si erano formati su autori scomunicati dalla sinistra, da Julius Evola a Ernst Jünger. “Ero di destra da ragazzo – raccontò Taricone – come lo si è allora, da idealisti, per aver letto Hegel e Nietzsche alla dannunziana. (…) Al liceo mi affascinava il pensiero della destra mitologica, l’incarnazione della forza, Fichte, l’architettura ideologica del fascismo. E mi chiedevo sempre: chi è cchiù forte, Kant o Hegel? Gentile o Croce?”. Non era un settario, aveva sullo zaino la fiamma tricolore e il volto di Che Guevara, come molti ragazzi del Fronte della Gioventù. Di tutte le “meteore” passate dai reality, è stato l’unico a conservare un nome ed un cognome. Era insofferente ai “ritmi” del guru Maurizio Costanzo, stretto nel ruolo di “bullo della Casa”. E allora tagliò la corda e decise con umiltà di ritagliarsi uno spazio per “merito”, non per grazia ricevuta dalla sovraesposizione mediatica legata al format Endemol. Insomma si giocò fino in fondo la partita nel mondo dello spettacolo, senza dimenticare l’amore per la compagna e la figlia: “Al mattino mi sveglio e bacio Sophie e Kasia”. Aveva grinta e personalità per imporsi e nella sua troppo breve stagione terrena comprese che non era utile piegarsi ai conformismi: “Vado in televisione solo se ho qualcosa da dire. In tv vogliono che io racconti le mie emozioni, le mie passioni… Ma stiamo pazziando? L’atteggiamento bullesco serve proprio a questo: a cautelare la propria intelligenza. Io lo chiamo pudore”. Ecco, ci mancherà il suo pudore.

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Michele De Feudis

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