La discrezione di Dalla e l’omelia americana di Lucia Annunziata

A voler definire con gentilezza l’intervento di Lucia Annunziata, in diretta tv, durante i funerali di un artista come Lucio Dalla, non potremmo trovare termine migliore di pretesco. E’ pretesco, infatti, negare ad un morto quel rispetto che egli ha liberamente richiesto per tutta la vita, per il banale gusto della polemica, del risentimento e della predica ex cathedra. Crediamo che Lucia Annunziata abbia raggiunto l’apice della sgradevolezza, negando al cantautore quella sua riservatezza che la morte avrebbe dovuto, al contrario, riempire, se possibile, di ulteriore semplicità e poesia. Può un gay essere pudico? Può un omosessuale fuggire il feticismo delle masse? Può, un uomo, essere altro al di là del letto? No, non più. Nemmeno il poeta. Non per chi, relativista a parole, totalitario nei fatti, intende l’universalità del diritto umano quale unico metro ed unica misura per stile, sentimento e libertà. C’è qualcosa di chiesastico, di biecamente “romano”, di intollerante e dogmatico nell’omelia liberal e manichea dell’Annunziata. Cercava la sensazione? Ha violentato il sublime, il senso e la sensualità di un bravo cantautore, confondendo la sua smisurata verve americana per sagace vis polemica: un po’ il racconto dei tempi odierni, pieni di virago, castrati e signori umiliati.

Pietro Vierchowod

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