Il caso. Tra la Kyenge e la Boldrini la confusione “linguistica” regna sovrana

Cècile_Kyenge«Il linguaggio è fascista», diceva senza mezzi termini Roland Barthes nella sua prolusione al College de France del 1977. Era la solita enormità a effetto figlia di quell’epoca in cui, soprattutto a sinistra, chi la sparava più grossa vinceva. È tuttavia vero che il politicamente corretto ha tra le sue vittime designate proprio le capacità espressive dell’uomo: vedi la logica dell’asterisco. Praticamente, sui siti sinceramente democratici, si usa elidere la desinenza delle parole e mettere al suo posto un più neutro e rispettoso asterisco, giusto per non offendere nessuno. Che questa logica porti all’incomunicabilità assoluta è naturale: parlare è sempre “discriminare”, non è solo questione di desinenze. Ne vien fuori un casino che non finisce più. Gli effetti di questo discorso a prima vista astruso sono però concretissimi. Basta aprire i giornali.

«In questi giorni ho letto che dicono di me che sono la prima ministra di colore: io non sono di colore, sono nera, lo ribadisco con fierezza», ha detto per esempio il neoministro per l’Integrazione Cecile Kashetu Kyenge. Ecco, proprio mentre Laura Boldrini lancia la sua stretta forcaiola contro le webminacce (e, perché no, contro gli insulti, le critiche, le idee sbagliate e le idee tout court), il più politicamente corretto dei ministri se ne esce smentendo anni di rieducazione linguistica. Ecco, in questi casi come funziona? Chi vince? Ministro donna nera batte presidente della Camera donna bianca? Cos’è che fa punteggio e cosa no?

Anche la Kyenge, tuttavia, si ficca in un bel vicolo cieco dialettico. La “fierezza” rivendicata dalla ministra italo-congolese suona molto come una rivendicazione identitaria. Quindi c’è un’altra novità: a quanto pare è permesso essere fieri della propria identità, anche del dato – certo non scientifico ma di sicuro simbolico – relativo alla propria pigmentazione. Buono a sapersi ma varrà per tutti? Ancora: se la Kyenge è fiera di essere nera, perché annuncia con grande pathos che «l’Italia ormai è una società mista, meticcia»? Giuro, non ci arrivo: bisogna essere fieri di essere bianchi o neri oppure del fatto di essere o diventare meticci? Non sono due cose agli antipodi? E che c’entra in tutto questo – ulteriore complicazione, ormai è un rompicapo… – Mario Balotelli, presentato dalla ministra come esempio positivo della suddetta Italia meticcia quando anche un bambino vede che l’attaccante del Milan non è meticcio neanche un po’?

Insomma, se uno poco poco gli va dietro, non se ne esce più. Finirà che aboliranno proprio la lingua di per sé. A quel punto, per non offendere nessuno, parleremo a gesti. Poco male: ne ho giusto un paio adatti per l’occasione…

Adriano Scianca

Adriano Scianca su Barbadillo.it

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