Libri. “Il Miracoliere”, Bagnoli come romanzo di formazione del calcio italiano

Osvaldo_Bagnoli,_Hellas_Verona_1985Quando chiudi il libro, la prima cosa che ti viene da fare è compulsare Youtube alla ricerca di gemme calcistiche e diamanti pallonari dei bei tempi andati. “Il Miracoliere, Osvaldo Bagnoli l’allenatore operaio” di Matteo Fontana, edito da Eclettica, è un racconto del calcio che si fa romanzo di formazione del pallone italiano nella parabola di colui al quale Gianni Brera appioppò lo scagnanome di Schopenhauer.

L’avventura da calciatore, sempre vissuta da fortunato scampato ai rigori della catena di montaggio della fabbrica cui era destinato da ragazzetto della popolare Bovisa, che lo portò a girare in lungo e in largo la provincia italiana. Tutto è cominciato al Milan, vicino a Pepe Schiaffino. Tutto finirà – anni e anni dopo – all’Inter, “contro” Dennis Bergkamp. In mezzo un calcio che è ancora un bambino in calzoncini corti ritratto in bianco e nero che crescerà fino a diventare uno spocchioso manager incravattato.

Il cuore dell’opera è negli anni veronesi, quelli passati da allenatore. Lo scudetto inimmaginabile dell’Hellas del 1984/85, il gol scalzo del sindaco Elkjaer, le battaglie in Europa, le sfide in campionato con le grandi che furoreggiavano. E prima i successi in Romagna e tanti anni dopo l’espugnare Anfield Road, l’indurre il Liverpool del “doriano” Souness a togliersi il cappello davanti al Genoa del Pato Aguilera. Fino all’Inter di Pancev e funambolo Sosa.

Ma pure le ingiustizie del tempo e le sviste degli arbitri. L’innata capacità di riciclare calciatori ritenuti finiti, bolliti, inadatti, inaffidabili, trasformandoli in macchine da guerra. E poi i freni che non furono buoni così come li voleva lui e che slittarono, il capitombolo gialloblù e l’inizio della fine, anche per il Bagnoli allenatore.

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Affezionato all’idea del pallone popolare, trasluce l’animo solitario e umile di un tenace cultore del calcio come sentimento e non come affare, dove negli spogliatoi non ci sono dive e le formazioni sono filastrocche fisse. Il merito di Fontana è però anche quello di vagliare i limiti delle squadre dell’Osvaldo nazionale e delle relative società che poi rappresentano limiti e sostanza (anche attuale) del calcio italiano.

Nella storia di Bagnoli c’è quella (pure) di un innamorato tradito che a un certo punto s’è scocciato del pallone. Forse pure perché aveva capito che ormai sarebbe andato in una direzione molto poco “romantica” e fin troppo contabile che, negli anni, avrebbe finito – come oggi – per escludere sistematicamente chi non porta utili. Oggi uno come Roberto Baggio, fermo per quasi due anni all’inizio della carriera alla Fiorentina per colpa di un grave infortunio, sarebbe finito a smistare palloni alla Solbiatese.

Il calcio di Bagnoli non c’è più. E, senza retorica, non potrà tornare. Il bambino in calzoncini corti che correva all’Oratorio è diventato un prosaico e scafato direttore marketing che ai lanci dalla trequarti preferisce gli asset quotati in Borsa.

Il Miracoliere, Osvaldo Bagnoli l’allenatore operaio di Matteo Fontana (con prefazione di Roberto Beccantini). Eclettica Edizioni, 279 pagg. 

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Giovanni Vasso

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