Provocazioni. Chiudere la scuola statale degli analfabeti funzionali

150224189-a78d002b-8c11-4f28-b00c-5c77067b5bd5Un calcolo numerico banale è un grave problema per il 40% dei ventenni e sta mettendo in difficoltà milioni di persone sui social network. “Tre diviso un terzo”, roba da quarta elementare, sembra una montagna insormontabile per una fetta importante della popolazione mondiale, a differenza di quanto accadeva negli anni ’80, quando appariva normale al 90% degli intervistati.

Questa è la fotografia dell’istruzione globale, obbligatoria e libera, che a quanto pare ha fallito totalmente nei propri obiettivi e non solo in ambito matematico. In Italia soprattutto. I licei sfornano gente che non sa fare le derivate, ma neanche l’analisi grammaticale e già alle scuole medie si registrano masse di studenti che non distinguono verbi e soggetti. “Io vado al mare” rischia di diventare una spina nel fianco, per chi individua il soggetto nel mare.

Ma come? Siamo tutti diplomati e laureati, le cerimonie di laurea sembrano adunate oceaniche, un diploma non si nega a nessuno. Eppure ignoranti e analfabeti sono molti più di una volta. Mio nonno aveva la quinta elementare ma recitava Pascoli a memoria, oggi Pascoli probabilmente non si sa neanche chi è. La gente è ormai analfabeta funzionale, cioè sa leggere ma non capisce cosa legge.

In tutto questo sfacelo dell’istruzione statale e intoccabile, figlia del sei politico sessantottino, che poi ha sfornato la generazione di incapaci del buco economico degli anni ’80 e seguenti, sembra che l’unico obiettivo sia eliminare il liceo classico, togliere il latino dal liceo scientifico, rendere sempre più semplici gli istituti tecnici. Al posto di cercare di alzare il livello dell’istruzione lo si deve abbassare, d’altronde ormai anche gli insegnanti, grazie ai bassissimi standard imposti dall’essere impiegati statali, ripetono per anni sempre le stesse cose e promuovono a grappolo masse di asini. Mica si vuole litigare con i genitori (anch’essi analfabeti) del bocciato di turno. La calma stagnante del diplomificio pubblico non deve essere perturbata con i muggiti bovini delle madri ferite nell’orgoglio.

Tranquilli però,  i ragazzi hanno i libri sui tablet (scomodissimi e nemici di studio e sottolineatura), le lavagne elettroniche, la rete wireless.  Se poi nessuno sa fare tre diviso un terzo, poco male. Tipico della cialtroneria radical chic.

Di fronte a questo sfacelo, appare come unica soluzione percorribile quella di chiudere le scuole, come diceva Papini. Che senso ha rovinare le schiene della popolazione, con aggravio del Servizio Sanitario Nazionale, se poi i risultati sono questi? Lasciamo l’istruzione, privata, a chi vuole davvero usare il cervello, gli altri coltivino la terra. Ne trarremmo tutti grandi benefici.

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Francesco Filipazzi

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