Dal momento che uno dei miei interessi è sempre stato lo studio delle “metafisiche” soprattutto applicate all’Arte e alle Tradizioni, vederlo legato a un gioco che nella mia ignoranza relegavo appunto in ambito “oratoriale” o da “dopolavoro” mi ha fatto sorridere, anche se so che il Tennistavolo è sport olimpionico con un gran seguito.
Ma questo è colpa del mio essere profondamente “antisportivo” cioè “antidecuberteniano”, credendo invece nelle Vie Marziali e nell’Arte delle Armi, nutro un sussieguoso disprezzo per ciò che comunemente viene chiamato sport. Una delle cose più belle e accattivanti del libro di Mina di Sospiro è proprio il fatto che all’improvviso mi sono ritrovato a scoprire quanti “punti” avessimo in comune, io con la mia passione per la Scherma, soprattutto quella antica, non la sportiva contemporanea, e il “ping pong”.
L’interesse per l’Occidente combattente, ma anche per le filosofie orientali che hanno creato i bushi per esempio, scoprirli nel libro con von Clausewitz e con Sun Tzu è stato per me entusiasmante e quindi mi sono appassionato alle “avventure” anzi alla “ventura iniziatica” di cui parla l’autore. Un cammino metafisico che va dai Ching all’Europa e viceversa, dove colui che compie la Queste cerca un tipo di Graal – che come ben sanno i cultori di simboli medievali è proteiforme – che è non la vittoria sui tavoli da gioco, ma la Conoscenza del Gioco stesso ovvero giungere ai Principi Primi che governano la Realtà. Il Ping Pong ha le sue regole e le sue “armi”, gli avversari da affrontare sono i nostri stessi “demoni interiori”. È esso, secondo l’Autore un’”iniziazione sciamanica”, dunque in un certo senso “di mestiere”, così come avviene – pardòn – avveniva, per i pittori nel XV e nel XVI secolo e prima d’allora, come avveniva per i Trovatori e per i Cavalieri, i Guerrieri.
Ma ogni “adepto”, “seguace” o “iniziato”, in qualunque Via egli intraprenda ha necessità di un Maestro, un vero Maestro, non uno dei tanti ciarlatani new age finti guru che impestano il pianeta con deliri parafilosofici e veganisti. Il giocatore di tennistavolo, che poi è lo scrittore stesso, cerca e trova il “suo Maestro” che come tutti i veri maestri, non sembra tale. Merlino era anche un pazzo che viveva nei boschi di Broceliande, così è Prospero, e ancora tali sono nelle leggende i maestri taoisti come Lao Tze e tanti altri. Poi oltre al Maestro vi è la cerca dell’”arma sacra”, in questo caso della “racchetta perfetta”. Tutti i “cercatori” lungo un cammino iniziatico, se guerrieri, hanno la loro spada, dotata d’anima e personalità propria, dunque perché non potrebbe essere lo stesso con una racchetta da ping pong? Se è “mutevole” l’aspetto del Graal lo sarà anche quello dell’arma sacra. Così tra il racconto d’una partita e un altro, Mina di Sospiro ci conduce lungo le pieghe della metafisica da Platone ad altri speculatori dell’intelletto fino a ritrovarmi in compagnia del mio gaglioffo prediletto, ovvero Benvenuto Cellini, che fa una comparsata anche in questo libro che parrebbe – ma non è – essere così lontano dal mondo corrusco e sulfureo del Primo Rinascimento.
Dunque La Metafisica del Ping Pong è un libro poliedrico, contiene più livelli di lettura, ma anche come divertissement è delizioso, comprensibile anche per chi non ha mai giocato neanche da ragazzo, da meditare per tutti coloro che si riempiono la bocca di sonanti terminologie “esoteriche” e si dedicano alla cura del proprio ipertrofico ego, nel loro ashram autoperpetuante di discepoli e discepole dallo sguardo sonnolento. No, la Via non è quella… dunque se proprio non siete portati per l’Avventura cavalleresca, provate a giocare a tennistavolo, magari scoprirete che il Graal si può trovare anche così.
*”La Metafisica del Ping Pong” di Guido Mina di Sospiro (Ponte alle Grazie Milano 2016 Pagg. 240 Euro 16,80)