Politica. Incarico al filomontiano Enrico Letta (Pd) per proseguire sulla rotta dei tecnici

ROMA: ASSEMBLEA NAZIONALE DEL PARTITO DEMOCRATICO CON INTERVENTO DI PIERLUIGI BERSANI E ROSY BINDINella continuità con Mario Monti (voluto da Giorgio Napolitano) arriva il governo Letta (voluto da Giorgio Napolitano). Sarà lui, il nipote di Gianni Letta, a guidare il primo esecutivo di questa Terza Repubblica che – significativamente – non nasce dalle urne ma dall’incapacità dei partiti di vincere nelle urne. Sarà Enrico, allora, a sancire la prima vera “grande coalizione” in salsa tricolore: opzione diventata male necessario per il Pd dopo averla considerata male assoluto fino a qualche giorno fa. Ma tant’è.

Quella dell’ex vice di Pier Luigi Bersani sarà, con tutta evidenza, un’edizione riveduta e corretta di un governo sostanzialmente tecnico ma con i nomi dei politici a cercare di convincere che si tratterà di un’altra cosa. La scelta del “giovane” Letta, infatti, è tutta all’insegna del rinnovamento nella continuità: montiano entusiasta della prima ora (si ricorda l’entusiasmo con il quale salutava come «un miracolo» l’arrivo del rettore della Bocconi a palazzo Chigi), esponente dell’area centrista del Pd più attenta agli umori del Vaticano, economista con frequentazioni “giuste” all’interno dei think thank tanto entusiasti del governo dei tecnici. Ma soprattutto nipote del gran ciambellano di Silvio Berlusconi: di fatto un’assicurazione sulla vita per il Cav che in cambio sancisce l’alleanza con quelli stessi che in campagna elettorale (lo farà di certo anche nella prossima) è solito chiamare «comunisti».

Con questa mossa Giorgio Napolitano inizia il suo primo mandato “presidenziale”: con una figura di garanzia che svolgerà senza creare troppi problemi i compiti della seconda parte dell’agenda economica voluta da Bruxelles. Certo, qualche contentino preso qui e là dal lavoro dei “saggi” che dovrebbe sancire qualcosa (non si capisce cosa) per la crescita ci sarà: ma intanto, è notizia di queste ore, l’Imu sulla casa non si tocca. Ed è solo l’inizio.

Rispetto a Letta, troppo nuovista e dirompente sarebbe stata la scelta di Matteo Renzi premier. Meglio un altro “giovane”, «di lungo corso» direbbe Bersani. Uno che rischierà – di certo – l’impopolarità ma che non indietreggerà rispetto a ciò che la linea di Napolitano imporrà. Perché le lacrime e sangue non sono finite.

Antonio Rapisarda

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