Il caso. La sciatteria della destra che dimentica don Araldo Di Crollalanza (e gli altri maestri)

LungoMare051bariIl trentennale della scomparsa di Araldo di Crollalanza – podestà, ministro dei lavori pubblici, parlamentare del Msi eletto a furor di popolo dal 1953 al 1986 – ricorreva il 18 gennaio ed è passato sotto silenzio: la terza repubblica, di fatto, ha rottamato anche le commemorazioni. Un convegno sul leader missino, al pari di una giornata di studi su Enrico Berlinguer, non avrebbe aggiunto o tolto nulla al luminoso cursus honorum di figure cristalline della politica italiana. Se è vero che certe liturgie partitiche diventavano a volte la fiera di retoriche e superflue agiografie, senza alcuno sguardo rivolto all’attualizzazione della memoria, difficilmente comprensibile risulta la condanna all’oblio.

L’assenza di iniziative dei partiti di destra e centrodestra per Araldo di Crollalanza – né un manifesto, né un concorso per incentivarne le tesi di studio all’università, solo un necrologio del sodalizio identitario guidato da Aldo Baldi e Michele Mirizzi – è indice da un lato di sciatteria culturale ma dall’altro evidenzia come recidere le radici storiche più nobili porti come conseguenza la perdita di un indispensabile e prezioso orizzonte governista.

Di Crollalanza è ricordato come “il grande realizzatore” dall’Agro Pontino al Lungomare barese e alla Fiera del Levante: incarna l’archetipo del politico che aveva come bussola esclusivamente il bene comune, concetto quanto mai attuale in una città come Bari, segnata dal nuovo imbarazzante scandalo del Teatro Petruzzelli. Dimenticare la cultura del fare, per le destre, significa accontentarsi della retorica gelatinosa e urlata dell’opposizione fine a se stessa. Raccogliere consensi, come don Araldo, costruendo città e disegnando orizzonti urbanistici in linea con un nuovo umanesimo è l’esatta antitesi di chi solletica la pancia degli italiani vessati dalla crisi, proponendo di abbattere i campi rom…

Indro Montanelli dedicò un accorato ricordo al politico barese: “Crollalanza non fece mai mostra di sé, mai partecipò a spedizioni punitive, mai si fece un partito o una clientela personale, mai brigò per carriere politiche. (…) ogni indagine sul suo patrimonio risultò vana: l’uomo che aveva costruito città e redento province non aveva una casa, né un palmo di terra, né un conto in banca. (…) Gli chiesi se del suo passato covava qualche rimpianto o rimorso. Mi rispose, a voce bassissima: «Uno solo, ma immenso: in quei vent’anni potevamo fare l’Italia, e non la facemmo». Ma se c’era un uomo a cui questo rimprovero non poteva essere mosso, era proprio lui”. Le classi dirigenti del centrodestra, coltivando la smemoratezza culturale, non avranno nemmeno il dubbio di aver perso una occasione. Corrono semplicemente il rischio di essere condannate, senza radici solide, all’eterna irrilevanza.

*Da Il Corriere del Mezzogiorno di Bari

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Michele De Feudis*

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