Libri. “Interrogation” tra sogno e azione, le poesie nicciane del giovane Drieu La Rochelle

Pierre Drieu La Rochelle
Pierre Drieu La Rochelle

“Mi sono rivolto a coloro che hanno il dono dell’inquietudine e verso di loro grido.” Così scrive Pierre Drieu La Rochelle in una della poesie di Interrogation, il volumetto che vide la luce a sue spese con una tiratura di centocinquanta copie nell’agosto del 1917.  Il giovane Drieu aveva cominciato a scrivere queste poesie durante la convalescenza seguita alle ferite riportate il 25 febbraio 1916 sul campo di battaglia di Douamnont presso Verdun. La casa editrice La Finestra ha da poco pubblicato in una accurata edizione bilingue (nell’originale francese e nella traduzione italiana) quest’opera di esordio.  Interrogation contiene 16 composizioni, o meglio, “canti in prosa” (nulla a che vedere con le tradizionali liriche), scritti in uno stile enfatico, appassionato, a volte ellittico, che vagamente ricorda il poema di Nietzsche Così parlò Zaratustra, che Drieu portò al fronte nel suo tascapane, e che certamente risente l’influenza dell’arioso scoppiettante verseggiare dei Futuristi.

I primi versi del giovane Drieu

Inizia con quest’opera poetica quel percorso letterario ed esistenziale, nel quale Drieu avrebbe sempre mescolato sangue e inchiostro. Non a torto, Moreno Marchi ritiene che in questi versi coraggiosi Drieu anticipa “quel lacerante armonioso dualismo” che lo caratterizzerà per tutta la vita, fin dal primo verso: “E il sogno e l’azione”. Ma su che cosa s’interroga Drieu? Sul senso della vita,  sulla guerra in corso (dove era andato volontario imbevuto di entusiasmo, di patriottismo, di audacia, di desiderio di misurare le proprie forze sul campo di battaglia), e sulla pace che sarebbe seguita a quello che si sarebbe rivelato ben presto un immane bagno di sangue. “E sarò solo fra truppe di uomini dai sordi dolori, dalle disperazioni acri come le loro pipe mordicchiate dall’angoscia”, scrive nelle Parole iniziali. Il ricordo dei commilitoni morti in battaglia, la necessità della lotta anche cruenta, il riconoscimento del valore del nemico (cui è dedicata un’intera composizione A voi tedeschi, che cadde sotto l’occhio vigile della censura), l’interrogazione sul mondo e su sé stesso, il disprezzo del vecchio mondo borghese e della caserma con la sua vita asfittica e monotona, la necessità di superare il gretto nazionalismo sono i temi che vengono affrontati in questo che possiamo considerare una sorta di diario dissimulato. Scrive Pierre Andreu, suo primo biografo, che “dalla guerra Drieu ha tratto il sentimento profondo di appartenere ad una comunità” Così inizia il Lamento dei soldati europei: “Da un capo all’altro dell’Europa siamo milioni e siamo soli. Moltitudine solitaria, chi darà notizia della nostra sconosciuta pena? Nemici di questa trincea o della trincea di fronte isolati tutti insieme nel bel mezzo del mondo, al centro dell’implacabile inquietudine del mondo”. Ecco: “nel 1917 Drieu ha cantato il canto di guerra e di pace degli uomini d’oggi. Ha creduto per qualche anno nella sua generazione, nella generazione di uomini giovani e vittoriosi che uscivano dalle trincee. Ha creduto, lui che ne avrebbe denunciato così fortemente le tare, nel vigore e nella giovinezza della vita moderna” (Pierre Andreu), esaltandone la velocità, l’aereo, le gru d’acciaio, il vapore, l’elettricità: “La storia non parlerà dei nostri padri vinti, si dirà che fummo uomini nuovi, nati da padri confusi. E saremo noi a generare. Nel dolore di questa guerra genereremo la nostra gioia” (Canto di guerra degli uomini d’oggi). Su quello che provò durante i combattimenti Drieu tornerà compiutamente e con notevole efficacia narrativa più tardi nei racconti de La commedia di Charleroi pubblicata nel 1934. C’era stata, il 20 agosto 1914, la carica alla baionetta a Charleroi, da lui capeggiata e durante la quale era rimasto ferito, in cui aveva provato un’estasi, che non esitò a paragonare a quella mistica di Santa Teresa. Ma c’era stata pure la folle paura di Verdun nel 1916, quando Drieu scopre definitivamente l’atrocità e l’assurdità della guerra moderna. Scrive Pierre Andreu: “da allora ci saranno due momenti nella guerra e Drieu, senza mai rinnegare né l’uno né l’altro, troverà sempre più faticoso conciliarli: c’è stato Charleoi e c’è stato Verdun. C’è stata la carica dei soldati in pantaloni rossi e c’è stato l’annientamento degli uomini terrorizzati; c’è stato il grido d’orgoglio di Charleroi e c’è stato l’urlo della paura di Verdun.”

Nella poesia Interrogazione della pace Drieu scrive:

“A noi, nati in tempi di duratura pace, la guerra sembrò una novità meravigliosa, l’adempimento in cui non aveva sperato la nostra giovinezza”

ma più oltre confessa:

“di giorno in giorno porto con me questo grido, lanciato nell’imminenza di una granata, questo grido di rivolta… in quei giorni fui colui che gridava “no” al dolore”.

In Interrogation c’è già in nuce tutto il mondo di Drieu: con la sua inquietudine e la sua solitudine (“Ahimè, appiattito sul fondo della trincea, sotto lo zaino e il dolore, a volte ho desiderato quel vostro nulla, ma non sono riuscito a contentarmene… Il vostro ideale fu la mia vergogna”), nel celebrare la fraternità delle classi e dei popoli (“Nello Champagne, in una trincea colma d’angoscia, ho pianto sulla mia grande miseria, che è la stessa di questa massa crocifissa”), nel rendere omaggio ai soldati nemici, con cui condivide i valori della forza e del sacrificio (“Tedeschi, vi ho combattuti, ma senza mai negarvi. Amo in voi ciò che io non sono”), nell’affermare il principio agonistico che governa la vita (“principio delle cose è che un sogno si opponga a un altro sogno e allora risuonano le musiche”), nell’accettare ed amare quel doppio volto della vita che è il suo segreto, fatto di gioia e di dolore, di sogno e di azione, di paura e di coraggio (“il segreto è rallegrarsi dell’imperfezione del mondo. Loro chiedono a che serve la guerra, ma quel che vogliono dire è: a che serve la vita? Si deve scegliere tra il nulla e il caso”). “La vita è una parola solitaria”, afferma Drieu, è vero, ma “grazie alla guerra ho conosciuto un grande amore”: Interrogation si chiude con questi versi così significativi. E con un sorriso enigmatico.

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Sandro Marano

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