Il caso. Totò Cuffaro è libero e c’è già chi lo rivuole governatore della Sicilia

Totò Cuffaro
Totò Cuffaro

È libero Totò vasa-vasa. L’ex presidente della Regione Sicilia condannato per reati di mafia ha lasciato le patrie galere. Dopo 4 anni e 11 mesi a Rebibbia, Salvatore Cuffaro non sembra più lui. È quasi un altro uomo. Anzi, c’è davvero da scommetterci che non sia più lui. Di sicuro il faccione che coronava quel famoso vassoio di cannoli alla ricotta e canditi che gli valse una campagna che lo costrinse alle dimissioni, è un ricordo sbiadito. Pesa almeno la metà rispetto agli anni del potere palermitano. Si sa, il carcere è spesso una dieta delle più dure. Ma questa non è una novità. D’immagini sue e del suo patire in questi anni ne sono girate, eccome. Come anche le interviste esclusive e i premi letterari. Sì, perché Cuffaro ha scritto tanto e non solo per rispondere alle 14 mila lettere che gli hanno inviato i fedelissimi.

È sciupato, Cuffaro. I suoi compagni di viaggio soffrono nel vederlo così. Per loro è già un martire, ma di quale causa non si sa. In fondo la condanna che l’ha colpito è equa ed è lui stesso a riconoscerlo: «Ho fatto degli errori, non mi voglio nascondere – ha detto uscendo lasciando Rebibbia –  io li ho pagati, altri no. Ora credo di avere il diritto di ricominciare». E questo diritto gli va accordato. Sia umanamente, che professionalmente. Come gli va riconosciuto il merito di aver accettato la condanna definitiva con dignità e senso delle istituzioni. Nonostante tutto, i democristiani hanno sempre rispettato i santi equilibri tra i poteri dello Stato.

Appunto per questo, l’idea che qualcuno sussurra di un suo ritorno in sella va censurata per tempo. Nonostante i disastri di Raffaele Lombardo e Rosario Crocetta, la tentazione del deja vu non ha diritto di cittadinanza in politica. Il mantra nostalgico che vede in Cuffaro il «miglior presidente della Regione» va lasciato agli storici. Al momento non risulta infatti che sotto la sua presidenza i treni arrivassero puntuali. Intanto c’è da ringraziare i togati che hanno disposto per lui l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Questa formula gli eviterà l’affare grottesco delle giaculatorie e della ridiscesa in campo.

Sarebbero troppo, anche per lui. Dopo il ritorno alla guida di Forza Italia di Gianfranco Micciché e una campagna acquisti a dir poco spregiudicata, con l’ingaggio dell’ex deputato Pd indagato per truffa e frode fiscale, Francantonio Genovese, va evitato il peggio. Chiaro è che più le manovre sono ardite e più i Cinque stelle acquistano credito. E dire che il centrodestra nel suo forziere ha tutte le risorse per esprimere candidature libere da ombre e condizionamenti. Insomma, oltre al trasformismo, la politica sarebbe fatta anche di altro. Inseguire il Pd regionale su questo campo sarebbe a dir poco nocivo.

 

Fernando M. Adonia

Fernando M. Adonia su Barbadillo.it

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