Libri. “Atlante degli abiti smessi” di Elvira Seminara e il mappamondo femminile

Un armadio femminile
Un armadio femminile nella copertina del libro

Filamenti d’oro sono intessuti nell’ordito e sulla tela prendono forma storie remote”, così Ovidio nel narrare il destino dell’insolente fanciulla che in un arazzo svelò ad un tempo inganni divini e divine invidie. Aracne. Dopo di lei le arti femminili si resero alla trama di fili: da Penelope a Lisistrata, dalla sarta cinese di Balzac alla Signorina Felicita, dalle sorelle Fontana a Coco Chanel a Vivienne Westwood. Ed è solo un minimo catalogo di mani che muovendosi armoniose su telai e tessuti ridisegnano una mappa della femminilità dove l’arte della stoffa è arte della trama, del racconto. Orditi di colori, forme, intagli, ricami, passamanerie, merletti, applicazioni sono orpelli di bellezza che spiegano corpi, vestono anime, coprono destini.
E’ la suggestione che offre il libro di Elvira Seminara “Atlante degli abiti smessi” (ed. Einaudi, 2015). Un libro che non è un romanzo tradizionale eppure ne possiede la trama, non procede per aforismi eppure contiene brevi intrecci di parole che squarciano l’anima, non è un diario eppure è il bizzarro e commovente racconto intimo di un’assenza e di uno strappo.

Vestiti scuciti, mutilati, storpi. C’è sempre un modo per reinserirli. Un ricamo sopra lo strappo, una toppa a forma di fiore…..Converti la ferita in fregio, la crepa in foglia”.

E’ “il regno dei miei vestiti” che Eleonora, la protagonista, vuole consegnare alla figlia Corinne per spiegarle la partenza a Parigi, la separazione col padre, le lacrime della ragazza nere di mascara e mai asciugate, per poterla riconquistare credendola intrappolata nelle crepe del rancore. Tra gli interstizi del regalo e regale inventario vengono cuciti i brandelli della memoria, le tessere dei ricordi secondo la tecnica giapponese- avverte la scrittrice- del Kintsukuroi, riparare le fratture con saldature di oro fuso e memoria, che è l’esotica e preziosa traduzione della letteratura combinatoria dell’Oulipo, cui Seminara si dice ispirata. E la scrittrice siciliana ha una passione tutta sua, quella di fabbricare oggetti con materiali riusati, crede nel recupero creativo delle cose e delle parole, sostiene che raccontare è contaminare, riciclare, ricomporre i piani del linguaggio e degli eventi.
Qui sta la stravaganza, il vagare eccentrico della storia confezionata. Qui Aracne ha intessuto la sua tela a scacchi colorati: un ricordo e poi un vestito, un pezzo di vita e poi un elenco di oggetti, un personaggio e poi un foglietto con istruzioni per l’uso o una genealogia – bella quella dei fiori sui vestiti delle eroine della letteratura-. Eleonora vuole ricucire e Seminara, con la grazia dolente della sua parola, ordisce una trama per lei: le mette tra le mani ago, filo e il divino ditale di Rilke.

Ogni amore bruscamente interrotto è un latrocinio, perché porta via nella fretta anche ciò che hai incollato addosso… Rinforza sempre l’ultimo punto: doppio tratto, su e giù….Le cicatrici che si riaprono trascinano anche gli altri punti, e tutto si sfilaccia”.

Il libro esige perentoriamente l’ordine dell’inventario nell’armadio dei vestiti che non si usano più per sanare il disordine dei sentimenti che non puoi usare più, di tutta la felicità sprecata. Allora provare a dare un senso ai vestiti, al loro disporsi nel mappamondo della vita e della memoria. Il senso di tutti gli abiti sta nel loro sentire umano, nel loro essere colorati – seducenti quelli “ rossi forsennati, più che sexy…e basta un urto a sfondarli”, quelli azzurri delle donne di Veermer, o quello nero lunghissimo svettante al mercatino delle pulci di Berlino- ma di più nel loro presentarsi “nati sbagliati, occhiuti e opportunisti, compassionevoli, disadattati, troppo sinceri, impostori, del perdono, rabbiosi, galleggianti, che sanno aspettare, volubili, chiassosi, petulanti, compiacenti, innamorati” e ce ne sono ancora tanti. Tutti lì, nell’armadio pieno di buchi, a reclamare pietà e amore, a trasformarsi in tanti generosi cagnetti Chisei. Ad essere finalmente tutti “Vestiti elfi. Che non trovi in nessun posto quando li cerchi. Ma poi rispuntano beffardi come se niente fosse, in bella vista, proprio là, esattamente dove prima non c’erano”.
Atlante degli abiti smessi non va raccontato. E’ un viaggio di donne sul mappamondo vacillante dei moti del cuore. Va letto e atteso anch’esso come un vestito elfico. Perché porta con sé stupore e turbamenti. E il tremore. Quello di uno degli albi di Eleonora, l’albo sommario delle cose che tremano…

…La parola vertigine mentre la dici/le petunie nel parco quando sta per piovere/le labbra quando hai freddo/ le labbra dopo un lungo bacio/ la radice dei capelli, per la stessa cosa…”.

La copertina del libro della Seminara

*Atlante degli abiti smessi di Elvira Seminara (pp. 184, euro 17)

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Daniela Sessa

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