Artefatti. Elogio di Giovanna d’Arco, la sublime santa eroica che se ne fregava

gda1Non è propriamente ortodosso principiare rammentando un paio di motivetti orecchiabili sinth-pop, soprattutto se il soggetto d’indagine ha che fare con la santità, ma certe folgorazioni trovano vie imprevedibili per sferrare il loro attacco fascinatorio e subliminale. L’anno è il 1981, nel disco Architecture & morality degli OMD, confezionato in una sublime copertina d’ispirazione costruttivista ideata dal recidivo Peter Saville, sono contenuti due pezzi che alimenteranno la fortuna commerciale del duo britannico, confermando il successo ottenuto dal tormentone planetario Enola Gay. Joan of Arc e Maid of Orleans – sono questi i titoli interessati – gettavano all’indietro un ponte virtuale in grado di collegare, in qualche strano modo, lo stile elettronico e sintetico del pop anni ’80 con l’enorme potenziale comunicativo riguardante la vicenda della Pulzella più famosa della storia. Anni prima fu il cantautore canadese Leonard Cohen a cimentarsi, con toni crepuscolari, in un poetico ritratto sonoro dedicato a Giovanna d’Arco, tradotto poi mirabilmente in italiano da Fabrizio De André. Arcade Fire e addirittura Madonna, in tempi molto più recenti, hanno trovato ispirazione nel medesimo soggetto, mentre in ambito cinematografico porrà rimedio Luc Besson nel 1999, rinverdendone l’immaginario grazie anche ad una meravigliosa Milla Jovovich nel ruolo da protagonista. Senza scomodare gli omaggi classici, come quello di Giuseppe Verdi, o storici, come nel mirabile saggio di Franco Cardini, qui interessa capire le ragioni di un curioso corto circuito fra la cultura pop contemporanea ed il mistico afflato della santa patriottica arsa sul rogo.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=fjNKjcaIpWg[/youtube]

 

Giovanna d’Arco, eroina e martire, può certamente essere annoverata fra le figure più seducenti dell’Europa cristiana, in parte per motivi razionali – l’imprevedibile ascesa “pubblica” di una contadinella analfabeta, il furore combattivo da monaca guerriera, il rogo seguente al processo e quindi lo status di vittima del potere, dopo aver consegnato un’idea di Francia ai pusillanimi suoi contemporanei – in parte per qualcosa che sfugge e che potremmo definire, senza troppi tentennamenti, abnegazione visionaria, noncuranza nei riguardi della cosiddetta realtà. Ci si attarda spesso nel comodo loggione dell’anticlericalismo da teatro tardo-illuminista, liquidando la faccenda come se si trattasse di una Gostanza da Libbiano qualsiasi, l’illuminata ribelle o la povera vittima di un equivoco, il capro espiatorio perfetto per ristabilire l’ordine dei potentati. Similmente al caso di Francesco d’Assisi, la tendenza è quella di semplificare facendo del riduzionismo ideologico ad uso plebe, in modo da poter adattare, miniaturizzando a piacimento, la smisurata grandezza dei santi mistici al davanzale domestico di un monolocale progressista. Santi e gerani, per l’estetica piccoloborghese di balconi affacciati sul nulla. Con Giovanna però il gioco del “santino” non funziona, male le si adattano i panni cerimoniosi della moderazione contemporanea e del diabetico galateo postconciliare. Tant’è che oggi la beatitudine da calendario ne risulta quasi obnubilata, come ben intuito dagli artisti citati in precedenza, in favore di un’iconografia dal fascino ambiguo ed assolutamente contemporaneo; qualcuno forse può immaginare un prete intento a celebrarne le lodi, nelle noiose messe sociologiche della nostra epoca? Ma che siamo pazzi, una ragazza bionda con la spada, orgogliosa del proprio vessillo, in tempi così pericolosi? Potrebbe fomentare gli estremismi, incentivare l’integralismo, urtare sensibilità a destra e a manca. Potrebbe non arrivare a mangiare il panettone, così come il suo superiore San Michele Arcangelo, pensionato anzitempo a vantaggio dell’attendismo dei diplomatici.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=vmwMhjbThKg[/youtube]

 

Certo è che le attenzioni artistiche nei confronti della Pulzella – similmente a quanto accaduto con San Sebastiano trafitto dalle frecce, divenuto grazie ai film di Derek Jarman feticcio delle congreghe omosessuali meno grette o a San Giuseppe da Copertino, il guardiano di porci che volava nottetempo, genialmente materializzato da Carmelo Bene in Nostra signori dei Turchi – non è priva di erotiche suggestioni e di derive nichiliste. “Una pazza”, ecco il primo commento ipotizzabile dinnanzi agli isterismi belligeranti di Milla Jovovich/Giovanna d’Arco nel film di Besson. Poi, avendo voglia e tempo, un ripasso agli atti processuali (Il processo di condanna di Giovanna d’Arco, SE edizioni) potrebbe essere utile per controbilanciarne parzialmente il giudizio sommario, di solito esclusivamente incentrato sull’irrazionalità di una tensione mistica cieca. Ma è questa che veramente c’interessa, è questa “vera fede” l’elemento che attira irrimediabilmente soprattutto l’artista, l’inquieto deambulante nel mondo moderno, colui che è perennemente alla ricerca di imperativi categorici da travisare, da rimodulare, da tradire, da falsare. Si tratta, nel caso di Giovanna d’Arco, di un candore masochista inteso come lusso meritato dopo aver combattuto, di un romanzo realistico trasversale, che travalica tuttavia l’aneddotica storica: imperscrutabile secondo l’ortodossia cattolica, come Meister Eckhart Giovanna fu vittima di scomunica per l’intolleranza manifestata nei confronti degli intermediari nel rapporto diretto d’amore con Dio; popolare, d’altro canto, vista l’ascesa ed il conseguente declino da soap-opera di una stella d’altri tempi, giochetto perverso che tanto intriga le casalinghe d’ogni epoca. Ecco, questo potere individuale e contemporaneamente impersonale, non filtrato da logiche politiche, mercantili o di convenienza, questa luce abbagliante in grado di fendere il buio con l’eroismo intransigente del martirio, questo “fottersene” delle conseguenze, sono tutti motivi assai validi per guardare un film o per ascoltare una canzone. Nient’altro: una partita di calcio, l’impresa stoica della ricostruzione delle unghie o le strategie geopolitiche da commentare in poltrona, potrebbero bastare per convincerci ad non indagare ulteriormente. Potremmo sentirci terribilmente inadeguati.

@barbadilloit

Donato Novellini

Donato Novellini su Barbadillo.it

Exit mobile version