È nato nel Natale del 1937. Solito giapponese di celluloide con incredibili tratti occidentali da mascellone callaghiano. Di mestiere fa l’ispettore e incredibilmente l’Interpol gli mette a disposizione eserciti interi, manco dovesse esportare la democrazia a casa del burbero Jigen o del samurai Goemon. È Koichi Zenigata, detto Zazzà. Da Lupin III, suo nemico giurato. Zenigata ha la fisionomia dell’uomo tutto d’un pezzo. È poliziotto ma non sbirro. Come il suo nemico di vaghe ascendenze francesi è citazione letteraria e cinematografica. Comprensibile però solo alle falde del monte Fuji dove Heiji Zenigata, eroe nazional-letterario-cinematografico nel Sol Levante degli anni ’60 è passato alla storia perchè salvava le fanciulle indifese dai criminali lanciando monete. Koichi, Zazzà, ha a sua disposizione doti eccellenti di intelletto e acume, mascherate però dalla tendenza guitta a festeggiare (sempre) troppo presto. Lupin gli sguscia regolarmente di mano e gli fa “ciao ciao” mentre Fujiko, a lui, sfila da sotto l’ultimo bottino.
Che c’entra Zazzà? Siamo abituati a discorsi fin troppo seriosi per riuscire a prendere in considerazione alcune, innegabili, caratteristiche del personaggio che – nonostante sia il “cattivo” – non ha mai trovato l’odio del vasto pubblico intergenerazionale innamorato della saga creata da Monkey Punch.
Si deve considerare che Zenigata ha un rigido codice d’onore. E ogni qualvolta Lupin è (apparentemente) morto oppure è stato consegnato (momentaneamente) ai rigori del carcere, s’è sentito sempre in dovere di rassegnare le dimissioni dalla polizia. Non ha mai odiato il suo nemico, Zazzà. Lo ha sempre rispettato e combattuto lealmente. E di quella lotta ha fatto la sua ragione di vita. Si sente una parola tremenda, in sottofondo. Sembra quasi di udirne il suono, Bushido.
Zenigata è personaggio che induce al riso proprio perchè alla sua fissazione per Lupin deve la sua vis comica. E deve il “rispetto” del pubblico alla sua bussola valoriale. Potrebbe lasciare uccidere il suo nemico, ucciderlo lui stesso, approfittare di lui disarmato, accusarlo ingiustamente di tutti i mali del mondo ma non lo fa. Preferisce perdere per l’ennesima volta piuttosto che giocare sporco ottenendo una vittoria disonorevole. Ha una coscienza e, rispettando questa, finisce per rendere estremamente onorevole la sua figura, ormai icona.
In un mondo che diventa sempre più barbaro, in cui è più facile invocare bagni di sangue oppure esili forzati nelle fogne di qualche capitale disamministrata, è meglio spaccare armonie sociali già precarie e infoiare animi già arrabbiati di loro, persino un cartone animato può trasfigurarsi in simbolo e addirittura esempio. Zenigata, uomo che trasuda – quasi subliminale – Bushido silente e inammissibile, non si sarebbe mai sognato di scaricare su Lupin la responsabillità delle buche per le strade di Tokyo.