Napolitano prolunga l’agonia del governo tecnico dopo il fallimento dell’ostinato Bersani

napolitano a san vittoreAltri sei mesi di governo (sostanzialmente) tecnico. I partiti, ridotti in disarmo, plaudono alla sortita di Giorgio Napolitano che ha deciso così, con la prosecuzione di un governo delegittimato sul piano politico ma legale, la soluzione temporanea al pasticcio che lui stesso ha contribuito a creare. Il punto è chiaro: se si fosse votato quando era giusto – all’indomani delle dimissioni di Silvio Berlusconi – l’Italia avrebbe avuto un governo di centrosinistra che, nel pieno dei suoi poteri, sarebbe già ai livelli di impopolarità di Hollande in Francia o Rajoy in Spagna. Ma per lo meno avrebbe potuto portare avanti un programma  un’idea di riforma un’identità politica una visione dell’Italia.

E invece, per una serie di scelte, che dimostrano la sostanziale mediocrità della classe dirigente italiana, il paese si è dovuto sobbarcare un anno di “nulla” politico targato Monti, apprezzato esclusivamente (mica tanto) dalla burocrazia di Bruxelles e maledetto da tutti i ceti produttivi, dagli economisti (perfino di scuola bocconiana, sic), dai lavoratori, e alla fine sconfessato dal premier stesso: “Spero di concludere presto l’esperienza di questo governo”, diceva solo qualche giorno fa Mario Monti, un vero gaffeur. Un anno dunque che proprio per questa sospensione non ha permesso quell’aggiornamento necessario e salutare che avrebbe dovuto portare ala nascita della terza repubblica.

Pier Luigi Bersani, da parte sua, è il vero sconfitto di questa stagione: una età irripetibile per la sinistra italiana. La possibilità di essere maggioranza nel paese è ormai fuori discussione:   da un lato è stato decimato dall’avanzare del grillismo (che ha radicalizzato il dibattito e creato un populismo fasciocomunista che fa più danni a sinistra per il momento), dall’altro è rimasto spiazzato dalla capacità di rigenerarsi di Silvio Berlusconi. Ma soprattutto Bersani ha pagato un anno perso a inseguire i dettami dell’austerità: e ciò non ha fatto altro che rafforzare gli avversari. L’avvento stesso di un nuovo salvatore, Matteo Renzi, sarà in realtà il colpo di grazia ad una storia politica (quella diretta emanazione del Pci) che è destinata all’ennesimo ex democristiano per sperare di vincere.

Il resto dello scacchiere e poca roba.   Un centro – nato sotto importanti investimenti  – che è imploso ancora prima di nascere e che vede Montezemolo (vero azionista di maggioranza) su tutte le furie per l’impianto democristiano dei montiani e per le ambizioni personali del premier. Un centrodestra che, nonostante i sondaggi lo diano in testa, resta deficitario di una ricetta politica di ampio respiro: legato com’è alla figura del suo leader che dimostrato sì di rappresentare degli interessi diffusi, ma che – cosa che capitano quando manca una destra – tutto questo lo incarna esclusivamente in ragione della sua causa personale.

Dinanzi a questo sfascio e alla testardaggine di Bersani che ha cercato una improbabile fronda di Scilipoti targati 5 Stelle, Re Giorgio ha dettato la sua di soluzione: due commissioni di saggi e per il resto ne riparliamo ad ottobre. Tanto abbiamo Monti, Bersani, Berlusconi, Casini… No?

 

Antonio Rapisarda

Antonio Rapisarda su Barbadillo.it

Exit mobile version