Riti pasquali. I crociferi attraversano il borgo di Noicattaro rievocando la tradizione di Siviglia

crociferiIl rumore delle catene legate ai loro piedi nudi risuona costante tra le strade di Noicattaro e il loro passo, lento e cadenzato, dà ritmo deciso ad una melodia insolita. Coperti solo da una tunica nera e incappucciati, il Giovedì Santo i crociferi raggiungono tutte le chiese del paese in segno di penitenza e portano sulle loro spalle una croce in legno, per ricordare a tutti quello che fu il calvario di Gesù Cristo. Mentre l’incenso si fa largo tra la folla, il paese, a due passi da Bari, si racchiude nella fede e si lascia trasportare nella più profonda dimensione mistica: crociferi e fedeli raggiungono gli altari in silenzio, protetti dalle lampade a olio e dai lumini rossi che puntellano i balconi ed illuminano il cammino.

La processione dei crociferi, a Noicattaro, segna l’apertura delle celebrazioni per la Settimana Santa e il profondo rispetto per la tradizione fa sì che tutto sembri esattamente com’era trecento anni fa. Nella Pasqua del 1713 un nobile spagnolo, ora avvolto dall’anonimato, decise che anche nella sua nuova terra la Passione di Cristo sarebbe stata celebrata come a Siviglia: fu lui il primo ad attraversare le strade del paese con una croce in spalla e a flagellarsi con le catene davanti al Cristo in Croce. Quella che fu una scelta personale divenne presto tradizione popolare: di anno in anno il numero dei fedeli che hanno sollevato la Croce e seguito le orme del loro nobile predecessore è cresciuto e nessuno teme che in futuro la quantità di credenti forti e coraggiosi possa diminuire.

Il Priore della chiesa della Madonna della Lama custodisce le croci tutto l’anno e il Giovedì Santo regola il flusso dei penitenti. Può partire uno ogni mezz’ora, per evitare che durante il cammino la confusione prenda il sopravvento, ed ogni crocifero – tutelato dall’anonimato – è annunciato al paese da un colpo di cannone. «La prima croce – racconta – è la più ambita e per i prossimi quindici anni sono già tutte assegnate, poi si vedrà», dice sorridendo. «Il Giovedì Santo non c’è un numero stabilito di penitenti: si incomincia alle venti e si può andare avanti fino al mattino. C’è spazio per tutti quelli che hanno la forza e la voglia di camminare tre ore con la croce sulle spalle, inginocchiarsi in ogni chiesa del paese e flagellarsi in segno di penitenza davanti all’altare». Una scelta eroica che a Noicattaro hanno fatto quasi tutti: «In ogni famiglia c’è almeno qualcuno che ha portato la croce perché è il simbolo del paese, ma soprattutto segno profondo di fede».

Quest’anno, a trecento anni dal debutto, la processione dei crociferi ha confermato la sua costante crescita e la pioggia timida, affacciatasi su Noicattaro, non è bastata ad allontanare l’esercito di fedeli, in cammino tra i vicoli del centro storico. La fede è, ancora, un motore unico capace di accendere sentimenti profondi; nonostante gli scandali, il relativismo e la modernità vissuta a duecento all’ora. In un piccolo paese del Sud c’è chi, croce in spalla, è disposto a ritagliare un pezzetto di tempo per riflettere su se stesso e per dare ossigeno ad una tradizione che ha ancora molto da dire: umili, in ginocchio davanti agli altari, quegli uomini hanno il coraggio di urlare al mondo il loro credo, facendo sentire tutti gli altri piccoli, piccoli.

@mchicco

Michele Chicco

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