I casi M5S e Lega
Prendiamo il caso macroscopico, quello del Movimento Cinque Stelle. Giorno dopo giorno abbiamo letto paginate di anticipazioni, retroscena, cronache in cui si davano i grillini per finiti. Sbagliato. Uno sfondone clamoroso. E non è la prima volta che sul M5S si pigliano cantonate. Vero è che l’odio Cinquestelle-giornali (ad eccezione naturalmente del Fatto) è un sentimento inossidabile. Ma NON basta questa ruggine, tra l’altro sospetta di corporativismo, per trasformare le speranze in fatti. Discorso simile per la Lega. Per mesi e mesi schermi e pagine saturati da gossip su Salvini e la Isoardi, di commenti su Salvini desnudo e vestito, da cronache di uova marce ai comizi e di gattini su Facebook, di analisi allarmate sul populismo della Lega, di retroscena sul divorzio con Tosi, di interviste a Bossi in qualità più o meno di Nonno di Heidi. E poi risulta in maniera ancora più evidente di quanto annunciato che Zaia ha polverizzato la Moretti e che se Zaia e Tosi non avessero rotto ci sarebbero state percentuali bulgare.
Per settimane a leggere i giornaloni, è sembrato che l’unica notizia politica rilevante fossero le divisioni interne del Pd, il “caso Civati”, la questione “impresentabili”. Testimonianza di un amore sconsiderato dell’informazione per il Palazzo, di tanta nostalgia per quando un “pastone” sul Corriere era in grado di dare la “schicchera” decisiva a un qualche equilibrio politico. In breve: di una tara storica dell’informazione italiana: la strumentalità.
Ora che i giornali sono strumenti del poco o del niente, però, resta solo da dire: attenzione, c’è tutto un mondo intorno. Che raccoglie voti. Forse è ora di togliersi la maschera engagè, e di provare a raccontarlo.