Libri. “Junger. Una vita lunga un secolo” per il profeta ribelle della mobilitazione totale

jungerCentoventi anni fa nasceva ad Heidelberg, il 29 marzo 1895, Ernst Junger. Morì 103 anni dopo, il 17 febbraio 1998. Una vita lunghissima segnata da una ricerca intensa. E rappresentatasi come un esempio spirituale che accresce l’ammirazione di chi gli si accosta con il passare del tempo. Inimitabile, nella vita e nell’opera. L’ultimo profeta che non ha avuto la pretesa di annunciare una fede, di fondare una religione, di immaginare una trasmutazione di valori. Profeta dell’impossibile rivoluzione interiore, per tutti e per nessuno, sulle orme di Nietzsche. Dunque, profeta ribelle per vocazione e temperamento. Per convinzione quando di fronte alle “guerre di materiali” scoprì il senso della pace senza rinnegare l’ebbrezza delle “tempeste d’acciaio”. Profeta di una “mobilitazione totale” di tipo aristocratico-conservatore, come si conveniva ad uno junker non di nascita, ma di elezione;  profeta, inoltre, dell’avvento di un nuovo tipo di lavoratore, tutt’altro che schiavo della macchina, piuttosto motore consapevole di una modernità  da indirizzare verso il superamento del determinismo e della schiavitù della tecnica.  L’incontro con Heidegger e Schmitt, lo pose al riparo dalle fughe nell’irrealismo; quello con Spengler (mai ravvicinato, puramente epistolare ed intellettuale) lo rafforzò nella opposizione alla decadenza  dell’Occidente; quello con Mircea Eliade contribuì a tenere accesa dentro di lui la luce del sacro quando le ombre del nichilismo avrebbero potuto inficiarne la percezione. Ebbe l ‘intelligenza ed il coraggio di cambiare, pur senza rinunciare ai principi. Non si lasciò invischiare nel plebeismo trionfante, ma sopravvisse suggestionando il Forestaro ed i suoi seguaci, che pur non lo amavano, memori di una “Rivoluzione conservatrice” che non avevano saputo interpretare, assetati di onnipotenza malata e di crudeli ambizioni.

Junger fu evangelico protestante per tutta la vita, come da tradizione familiare, ma si convertì al cattolicesimo il 26 settembre 1996 alla fine di lungo e complesso percorso che meriterebbe di essere ricostruito, maturato  nel solco di una spiritualità che aveva segnato tutta la sua lunga ed operosa esistenza. Poco prima di morire espresse  il desiderio di essere seppellito come gli umili abitanti di quel piccolo villaggio, Wilflingen, in Alta Svevia,  che lo aveva accolto dopo la guerra e dove  aveva stabilito la sua residenza, nella foresteria del castello degli Stauffenberg, il “rifugio” nel quale  in  oltre cinquant’anni avrebbe scritto trenta libri, tenuto i suoi straordinari diari, raccolto la sua ricerca di infaticabile entomologo. E così si ricongiunse a quella Chiesa che aveva sempre scrutato con curiosità prima e passione poi.

Ottant’anni di vita intellettuale non sono facili da descrivere soprattutto quando il protagonista, uomo fuori dagli schemi,  ha affrontato i naufragi del Novecento, ha cavalcato le contraddizioni di un tempo ambiguo, ha lottato contro i Titani di un secolo crudele eppure entusiasmante, ha cercato l’eterno tra i rottami dell’effimero. Un’impresa immane. Alla quale si è dedicato, con certosina abnegazione per decenni, riuscendoci magnificamente, Heimo Schwilk, giornalista e scrittore tedesco, che ha tirarato fuori dall’immenso materiale accumulato, selezionato, vivisezionato, interpretato la prima grande biografia dell’autore delle Scogliere di marmo, un volume imponente  pubblicato in Italia dall’editrice Effatà: Ernst Junger. Una vita lunga un secolo (pp. 718, 22,00 euro), nel quale nulla viene dimenticato, dalle opere alle tragedie personali (la più dolorosa soprattutto: la morte in battaglia del figlio Ernstel sulle “scogliere di marmo di Carrara”), dalle esperienze dovute agli avvicinamenti all’acido lisergico alla contemplazione della natura, allo scandaglio delle eresie totalitarie ed ai tanti rapporti intellettuali intessuti tra una guerra e l’altra, tra viaggi ed esplorazioni intime.

La copertina del volume di Heimo Schwilk

Più che un libro, è un monumento a colui che è stato definito il “diarista del XX secolo” e che con il suo lavoro di filosofo, romanziere, saggista ha forse meglio di chiunque altro penetrato nelle pieghe di un tempo nel quale i bagliori delle speranze si sono alternati alle tenebre di storie che hanno ridotto l’umanità a cumuli di macerie. Junger, come si evince dalla biografia di Schwilk, non ha respinto l’epoca in cui gli è toccato in sorte di vivere e di agire, sfidando incomprensioni e ostilità dovute all’ignoranza e ai pregiudizi, ma l’ha accolta immaginando di poter seminare tra le sue distorsioni semi di lucida, implacabile intelligenza senza curarsi di chi avrebbe raccolto i frutti. Sapeva Junger che alla decadenza ed al nichilismo soltanto l’atteggiamento dell’anarca poteva opporsi efficacemente non per offrire una sterile testimonianza ed ha corso il rischio fino ad essere ostracizzato dalla comunità intellettuale europea per lungo tempo. Ma poi la ragione, come un raggio di luce, si è fatta strada. Al compimento dei suoi cento anni,  festeggiato da tutti, a cominciare da Helmut Kohl e da Felipe Gonzales, assunto dall’establishment che pure lo aveva avversato come l’intellettuale pacificatore, Francois Mitterrand, suo antico ed insospettabile estimatore, dichiarò che il portamento di Junger era “quello di un antico romano, orgoglioso e retto, imperturbabile”. E dire che nel 1918, nelle “tempeste d’acciaio” che avevano squassato l’Europa, si era guadagnato la “Croce di guerra pour le merite” combattendo proprio contro la Francia. Con quella onorificenza volle essere accompagnato nel suo ultimo viaggio, quando le tempeste si erano finalmente placate.

Al momento dell’inumazione nel piccolo cimitero di Wilflingen, inaspettatamente nugoli di api presero a ronzare attorno al tumulo, alle corone di fiori. In qualcuno, il sorprendente fenomeno destò il ricordo delle Api di vetro, uno dei noti romanzi di Junger. Ricorda Schwilk:”Quando il feretro, due ore dopo, viene calata nella fossa, regna un solenne, assoluto e profondo silenzio, come se la natura si fermasse per rendere l’estremo omaggio ad un autore che per tutta la vita ha studiato tra l’altro proprio i rapporti tra flora e fauna, sottolinenando, nella sua opera l’affratellamento mistico di Io ed Essere nell’attimo eterno“.

Il Waldganger, il Ribelle, aveva trovato la quiete che cercava e meritava.

*Ernst Junger. Una vita lunga un secolo di Heimo Schwilk (pp. 718, 22 euro, Effatà)

Gennaro Malgieri

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