Libri. “Franciavanguardia” di Caputo, cronaca di una rivoluzione culturale sovranista

Marine Le Pen
Marine Le Pen

Ogni narrazione che si rispetti ha un protagonista. Il protagonista di Franciavanguardia, senza dubbio, è Marine Le Pen, con il suo esplosivo risultato alle elezioni europee (25 %) e la scalata ai sondaggi, fino ai vertici della politica francese. Ma la leader del Front National è anche la grande assente di questo saggio che, invece di raccontarci in positivo la sua vicenda, ricama sui contorni che la definiscono in negativo e su tutto ciò che l’ha resa possibile, direttamente e indirettamente. Insomma, ne traccia quella che foucaultianamente potremmo definire un’archeologia.

Si inizia, nell’introduzione, ripercorrendo la storia politico-culturale della Francia dal Secolo dei Lumi al Generale De Gaulle, da Proudhon e Sorel al Maggio del Sessantotto, dal funesto matrimonio di socialismo e sinistra alla repressione dei dissidenti nell’era delpolitically correct.  Si continua con una serie di dialoghi con i protagonisti di quella che nel sottotitolo viene battezzata come una vera e propria “rivoluzione culturale”, ascoltando le voci di personaggi molto diversi, ma accomunati dal loro essere in rottura con il pensiero unico del “clero laico”. Non a caso, uno dei nomi che vengono chiamati in causa nelle interviste – per parlarne male, ça va sans dire – è quello di Bernard Henry Levy,  gendarme del potere e nouvel philosophe che sponsorizza rivolte colorate in giro per il mondo.

Ecco, questi personaggi costituiscono il milieu che ha reso possibile l’ascesa del Front National, ma tutti – o quasi – non ne sono perfettamente allineati, a partire i due più vicini: Jean-Marie Le Pen e Julien Rochedy. Il primo rappresenta il passato frontista ed è stato vittima di quello che non esito a definire un “parricidio” da parte della figlia Marine; il secondo, fino a poco tempo fa leader del Front National de la Jeunesse, è invece il futuro, ma non ancora pienamente realizzato, si pensi all’evidente contraddizione con il suo partito quando afferma: «Per me l’Islam non è un male».

Allontanandosi sempre più, con maggiore evidenza le differenze emergono. Per esempio, Alain Soral e Dieudonné, fondatori del movimento “Égalité et Réconciliation” – un tempo corrente interna al Front National, oggi divenuto “Réconciliation nationale”, partito concorrente –, si richiamano esplicitamente al motto “destra dei valori e sinistra del lavoro” e propugnano l’antisionismo come forma di anti-razzismo. Apertamente in opposizione al Front National, anche se su posizioni molto diverse, troviamo pensatori del calibro Alain de Benoist, Jean-Claude Michéa e Serge Latouche: il primo è uno storico esponente della Nouvelle Droite, il secondo è un filosofo d’ispirazione marxista che descrive come la sinistra sia scivolata dalla parte del capitale e il terzo, forse maggiormente noto in Italia, è il teorico della décroissance (decrescita).

La lista degli intervistati continua con Zemmour, saggista impegnato nella denuncia delle cause del declino culturale della nazione francese, Pierre Hillard, critico del “mondialismo”, Camel Bechikh, mussulmano e patriota francese, nonché portavoce della “Manif pour Tous” che si batte contro i matrimoni omosessuali, e altri nomi noti in Francia (ma non solo). Insomma, in questi dialoghi si racconta di una novella Giovanna d’Arco vittoriosa che si avvicina all’Eliseo – ma alla quale non viene data voce – e una serie di protagonisti secondari che con anni di lavorio e di lotte ne hanno spianato la strada e ora temono che quella del Front National sia una vittoria mancata, che si perda nell’istituzionalizzazione.

Emblematico il quesito che si pone Alain de Benoist: «L’elettore tipo del Front National di oggi è l’operaio disoccupato. La domanda è:  se il Front National domani arrivasse al potere farebbe davvero delle politiche di tipo socialista?». Il filosofo, dall’alto della saggezza dei suoi settant’anni, preferisce non metterci la mano sul fuoco ed evitare di scottarsi. In sintesi, il grande pregio di questo lavoro di Sebastiano Caputo sta proprio nell’aver dato voce ai dissidenti che hanno contribuito alla rinascita della “Francia profonda”; perché i burroni all’orizzonte possono essere scorti prima da chi, stando avanti, traina il carro del vincitore, e non da chi ci sale sopra solo all’ultimo.

*”Franciavanguardia” di Sebastiano Caputo, Circolo Proudhon. Euro 12

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Alessandro Volpi

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