Immigrazione. Oltre demagogia e strumentalizzazioni c’è il rigore del buon senso

terniQualche tempo fa, a Pavia, c’era un tizio che sembrava vivere in un far west tutto suo. Nel giro di un paio di anni, ne ha fatte di cotte e di crude: ha aggredito due o tre buttafuori, ha mandato all’ospedale un paio di baristi, ha menato una decina di passanti inconsapevoli, addirittura si è scagliato contro poliziotti e carabinieri, guadagnandosi almeno cinque prime pagine sui giornali locali. Tutti lo conoscevano, tutti lo temevano, tutti sapevano quanto fosse pericoloso. Tutti dicevano “prima o poi accoppa qualcuno”. Eppure lo vedevi tutti i giorni bello tranquillo, a bere nei bar del centro o a giocare in sala scommesse. Ci si domandava come facesse a non essere ancora dentro, perché se uno qualsiasi fa un decimo di quel che ha fatto lui ha grane che non finiscono più. Ora, che il tizio fosse australiano, nordafricano, canadese o italiano poco importa. L’unica cosa importante, viene da pensare, è che non sia finita come a Terni, dove un poveraccio di 27 anni ci ha rimesso la gola e la vita. Siamo arrivati al fatalismo più totale, alla speranza di non trovarci nel posto sbagliato al momento sbagliato. Sia chiaro che cadere nel classico giochino da campagna elettorale “viva gli immigrai/abbasso gli immigrati” è stupido quanto inutile.

Di Kienge e Buonanno, che a furia di questo giochino sono diventati icone, ci importa poco e probabilmente importerebbe poco anche al ragazzo di Terni ucciso “per caso” da un balordo che in Italia non doveva nemmeno esserci. Il tifo da stadio, di quelli che si realizzano postando su Facebook le notizie dello straniero ubriaco che investe l’italiano e viceversa, è soltanto un regalo a chi continua ad ignorare che un problema c’è, eccome se c’è.

Tra il buonismo idiota e il populismo insensato, facce della stessa medaglia, c’è un buon senso che non può essere rimandato. E’ vero, nei bar non si risolvono i problemi ma viene da pensare che chi i problemi deve risolverli ogni tanto un giretto al bar dovrebbe farlo. Altrimenti al bar ci va Beppe Grillo e la gente diventa “gggente”. Non si tratta di pretendere in pochi giorni la soluzione alla fame nel mondo. Semplicemente, si chiede un po’ di buon senso, per cui se fai casino una, due, tre volte qualcuno ti impedisce di farlo quattro, cinque e sei volte. Potremmo ripartire parlando di un tizio che da vent’anni con la sua impresa dà da mangiare a quaranta persone e finisce nei guai seri per non aver dichiarato qualche centinaia di euro. Ci arrabbieremmo, ma rischieremmo di andare fuori tema, per la gioia di quelli che “è vero, il problema esiste ma è complicato, gli strumenti, i tempi della politica, la magistratura, i sindacati, l’11 settembre, Ruby Rubacuori, Elton John, si stava meglio quando si stava peggio”. Strumenti, urgenti, efficaci. Facile? Difficile? Indispensabile. Perché senza giustizia sociale c’è solo giungla.

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A cura di Marco Vailati

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