L’intervista. Buttafuoco: “Hermann Goering e Carin come Lancillotto e Ginevra”

buttafuocoEra una notte glaciale del 1920, quella che propiziò l’incontro, a Castello Rockelstad,  fra la bella svedese Carin Von Fock, coniugata Von Kantzow e madre del piccolo Thomas, e il giovane Hermann Göring, eroico aviatore già impegnato nella flottiglia del Barone Rosso e costretto nel dopoguerra a pilotare aerei a noleggio. Uno sguardo fatale, un attimo per riconoscersi e subito, da lì, il precipizio – tra fughe, patimenti, gioie, malattie e una tensione che nemmeno la morte seppe domare –  in una delle più avvincenti storie d’amore che il XX secolo abbia mai conosciuto. E poi immediatamente dimenticato, perché l’ombra del Nazionalsocialismo avrebbe costretto all’oblio anche quelle epopee personali che lo hanno, solo lontanamente, lambito. Ma di liberare dalle polveri della damnatio la scandalosa e travolgente vicenda s’è fatto carico Pietrangelo Buttafuoco, giornalista, saggista e scrittore siciliano, con il suo ultimo romanzo “I cinque funerali della signora Göring” (Mondadori).

Buttafuoco, come si è sviluppata la scintilla che l’ha portata ad appassionarsi alla vicenda di Göring e Carin?

“È un interesse nato per caso, anni fa, mentre lavoravo ad un altro libro (Le uova del drago, ndr). Mi imbattei nella copertina della rivista americana Life e vidi questa foto sconosciuta e straordinaria nella quale una bellissima signora bionda sedeva accanto ad Adolf Hitler. Questa visione ispirò in me il desiderio di approfondire, negli anni successivi, la storia nascosta dietro quella immagine. Una storia che, oltretutto, io mi limito non a scrivere bensì a trascrivere, dopo aver attinto a materiale di ogni foggia. E, soprattutto, ai pensieri della stessa Carin, contenuti in uno sterminato epistolario”

È riduttivo definire il libro come la narrazione di una storia d’amore?

“No e perché mai? Fu una storia d’amore incredibile, bellissima, potente, appassionante. Ricca di colpi di scena e di svolte inaspettate. Non si commetterebbe alcuna forzatura apparentandola alla vicenda di Lancillotto e Ginevra o a tutte le altre grandi storie radicate nell’immaginario collettivo”

Presentiamo i personaggi. Chi sono Hermann Göring e Carin Von Kantzow?

“Göring era un idolo, un ragazzo bello e forte, un eroe della Prima Guerra Mondiale, l’asso di una aviazione ancora agli esordi. Per dirla in modo più suggestivo, era l’erede del Barone Rosso. Lei invece sembra uscita da una saga nordica. Era sposata con un figlio di otto anni e già malata di tubercolosi quando incontrò quel giovane per il quale decise di lasciare tutto. Un gesto straordinario che Göring cercò sempre di ripagare. La sua popolarità crebbe in modo vertiginoso e il libro che ne narrava la vita, scritto dalla sorella nel 1939, fu il secondo più venduto ai tempi dopo il Mein Kampf”.

Quell’amore fu uno scandalo per l’epoca?

“Fu un grande scandalo. E non solo perché il comportamento di entrambi non era di per sé in linea con la morale comune, ma anche perché questa trama scandalosa giungeva in un momento particolare, il dopoguerra, dove la solidarietà sociale e la mutua assistenza erano ritenuti valori imperativi”.

Nel libro, così come nella foto che ne ha ispirato la stesura, c’è anche Hitler. È vero che il Führer stimava Carin più di quanto stimasse Göring?

“Sì è verissimo. Anche perché diversamente dai proclami ufficiali, nonostante lo avesse cercato e voluto, nonché indicato come numero due del Reich, Hitler ebbe sempre Göring in grande dispregio. Diversamente, egli vedeva in Carin un figura forse capace, con la sua solo presenza, di incarnare lo spirito del tempo

Quanto è difficile, ancora oggi, raccontare, senza mille premesse e prese di distanza, una bella storia che però lambisce il nazionalsocialismo?

“Ho riflettuto molto su questo punto anche per prevenire le obiezioni dei cretini che sono, come noto, sempre in agguato. Ritengo ci sia un deposito di storie bellissime che devono necessariamente emergere dall’ombra e dispiegarsi, al pari di quella foto caduta nell’oblio. E questo anche affinché i demoni non si ripresentino nella loro dimensione infernale. L’unico esorcismo efficace è e resta il racconto”.

* da La Gazzetta del Mezzogiorno

Leonardo Petrocelli

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