Libri. “Tempo di spettri” e la caccia all’uomo di Georg Vittorin tra Russia ed Europa

Vienna, 1918. La Russia e gli Imperi centrali hanno appena sancito col trattato di Brest-Litovsk la pace tra gli stati, mentre colonne di prigionieri di guerra tornano, liberi, in patria: tra questi Georg Vittorin, un ufficiale austro-ungarico, reduce da anni di stenti e privazioni in un campo di prigionia russo. Giovane, irrequieto, ripercorre, cullato dallo sferragliare del treno sulle rotaie, i tempi e i luoghi della sua infanzia, e come tutti i viandanti respira il profumo dolce del ritorno. Eppure non vi sarà pace per Vittorin: non la troverà a Vienna, ove l’antico impero esala i suoi ultimi spasimi e uomini oscuri si affrettano a raccoglierne i brandelli, mentre la famiglia è sull’orlo del fallimento. Ma più d’ogni altra cosa grava sul giovane un giuramento, un giuramento di sangue che vincola lui e altri quattro compagni sulla loro parola di ufficiali e uomini d’onore. Deciso a vendicare la morte di un commilitone e le vessazioni subite da parte del comandante del campo, Vittorin si getterà, abbandonato da tutti, in un’inesorabile caccia all’uomo che lo porterà fin nel cuore della Russia insanguinata dalla guerra civile.

“Un pope e uno zingaro andranno a sedersi sul trono dorato dello Zar”, raccontava una vecchia profezia, ed ora suonano a morte le campane per la Santa Russia. Così, varcato il confine, Vittorin entrerà in una terra spettrale, nel tempo in cui tutti “avevano paura persino della loro ombra”. Non v’è luce, è inverno e solo in bagliore degli incendi riscalda un poco la terra avvolta nel suo mantello bianco. Come in un’antica favola russa, di quelle che i vecchi raccontavano raccolti intorno al fuoco nell’izba mentre fuori infuriano i venti e la tempesta, il giovane vendicatore ingaggerà una lotta contro una forza superiore che pare animare, occulta, le pagine di questa storia. A piedi nella neve o su treni blindati, nella caserme e negli uffici della nuova burocrazia sovietica, la ricerca dell’odiato ufficiale , il cui nome ricorre sempre con maggiore ossessione nelle parole di Vittorin si rivela vana: da Berdichev a Mosca, a Char’kov e da qui fuori della Russia.

Fuggito dall’inferno della guerra civile dopo mille avventure, incontri e schermaglie, Vittorin non demorde dai suoi propositi di vendetta e con l’esercito di Wrangel si imbarca da Sebastopoli alla volta di Istanbul, per poi giungere, come tanti émigré in Francia. L’ultima tappa sarà proprio Vienna, là da dove era partito.

Tempo di spettri (il titolo tedesco era in origine Wohin rollst du, Äpfelchen…, “dove mai te ne vai, melina…” da una filastrocca di viaggio), pubblicato nel 1928, è uno dei capolavori di Leo Perutz, grande scrittore ebreo praghese, uno dei poeti dimenticati dell’anima mitteleuropea e padre nobile del genere storico-fantastico. Quest’opera è però qualcosa di più del racconto di una sfortunata caccia all’uomo attraverso la Russia e l’Europa. Si tratta del “romanzo russo” dell’autore praghese, un romanzo che, con la sua narrazione limpida ed elegante, racconta con singolare umanità la storia di quei giorni di sangue in tutta la loro umanità, tantoché al lettore sembra di sentire realmente sopra di sé il freddo pungente dell’inverno nella pianura russa, e la paura, la paura che anima gli uomini in ogni loro gesto.

Tempo di spettri, naturalmente. E il primo di questi spettri è proprio lui, Georg Vittorin. L’uomo non è riuscito a lasciare la guerra e la prigionia dietro di sé: la parabola di tanti soldati, che però lui porta fino alle estreme conseguenze inseguendo il fantasma del suo odio, combattendo una battaglia disperata contro le forze del tempo e della storia. S’illude di essere vivo, di essere ancora uomo adempiendo ad un giuramento dal sapore arcaico, la legge del sangue. Ma quel sangue ormai è freddo, e i corpi perdono colore. Spettri sono gli uomini da lui incontrati: anime tristi di un’epoca morta, e anime dell’epoca che verrà, abbandonate a sé stesse, destinate a perire o ad attendere una luce che non sarà mai. Non v’è che tenebra nella terra degli incendi, dove gli spettri vagano, solitari, nella neve.

A Vienna, dove tutto è compiuto, a pochi isolati dalla sua abitazione, Vittorin troverà l’oggetto delle sue ricerche. “E con un gesto cancellò due anni della sua vita, due anni in cui era stato avventuriero, assassino, eroe, scaricatore di porto, ruffiano e vagabondo- un gesto d’indifferenza che valeva per una mattinata perduta e un cappotto zuppo, e non tradiva nulla”.

*”Tempo di Spettri” di Leo Perutz, pp. 241, euro 16

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Niccolò Nobile

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