Serie A. Il Toro strappa il pari al Milan piccino picciò. E Cerci fa lo spettatore

striscione cerciDiventai grande in un tempo piccolo. No, per il Milan (oggi) di Inzaghi vale l’inverso di quanto cantano i Tiromancino: il Diavolo è diventato piccolo in un tempo grande, campionati interi di vuoto e confusione che con la trasferta di Torino hanno raggiunto il nadir, il punto più basso dell’epopea rossonera. Il Milan resta quello degli Inguardabili e contro i granata di mister Ventura, gli uomini di Inzaghi strappano un pareggio da provinciale.

 

DUE MINUTI E BASTA. I rossoneri cominciano pressando e attaccando come sogna Zdenek Zeman. In cinque vanno sui portatori di palla granata, già dalla difesa. Ma è solo un bluff, roba da provinciale in cerca di punti salvezza. Tutto dura tre minuti che bastano a Menez per strappare un rigore (fallo in area di capitan Kamil Glik) e tirare una ciabattata potente e centrale che si insacca alle spalle del portiere Gillet. Poi è sinfonia granata: se solo Quagliarella girasse a dovere e se il palo si fosse impicciato dei fatti suoi, il Toro sarebbe addirittura in vantaggio. Ma tant’è. Il primo tempo si chiude con il Milan in vantaggio e il Torino in avanti.

 

PIPPO CATENACCIARO. Il secondo tempo si apre alla girandola di sostituzioni. La storia della gara e l’assetto tattico del Torino rimangono praticamente uguali al primo tempo. Il futurista (?) Inzaghi invece toglie tutti gli attaccanti e i giocatori vagamente offensivi per erigere il  fortino dei tre punti. Il tempo di finire le sostituzioni che Kamil Glik, su angolo, incorna a rete. Ora il Milan si trova con un pareggio in tasca e Poli unica possibile punta. Figuriamoci. I granata continuano ad attaccare ma il tempo  è poco e la stanchezza si fa sentire. Finisce così: con il Milan spernacchiato dal suo stesso catenaccio e Alessio Cerci, il revenant, che resta a guardare dalla panchina. Per lui “solo” uno striscione dalla Maratona: Bentornato nel calcio che non conta nulla.

Bruce Grobbelaar

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