Charlie Hebdo. Dobbiamo aspettarci un nuovo Patriot Act contro i “lupi solitari”?

matite spezzateStrage di Charlie Hebdo. Tutto vero, è stato colpito l’Occidente moderno nella sua espressione più libera: la carta stampata. Poco importa se si tratta di satira e se spesso quella stessa satira più che tagliente si è dimostrata tinta di blasfemia e soprattutto in linea con un certo nichilismo che fa orrore sia agli islamici, ma anche ai cristiani e alle tante persone che della moderazione ne fanno una cifra di accesso alla complessità del reale. Il punto reale, oltre la commozione, è che sono morte tante, troppe, persone; mentre sarebbero almeno sei i basisti dell’assedio di Parigi a piede libero.

Già, perché il problema è connesso al pericolo, alla sicurezza e a una terza guerra mondiale – qui Papa Francesco ha totalmente ragione – che corre su di un tappeto globale a macchia di leopardo.  Nulla di più essenziale. Mettiamola così, si sono scatenati i “lupi solitari”. I tagliagola dell’Isis li hanno chiamati a raccolta e qualcuno neanche tanto timidamente ha risposto presente. L’allerta in Occidente deve essere quindi giustamente alle stelle.

Come intervenire, come prevenire? È tutto qui il problema, la cui gestione ci chiama a pagare un prezzo enorme, altissimo e assolutamente sproporzionato. La perdita di libertà, la cessione di spazi d’intimità. Ovvero, la necessità di essere messi tutti sotto controllo. Indistintamente perché lo spettro del terrorismo è indistinto. Un nuovo Patriot Act più de facto che de jure. Utile sì a evitare nuove sangue e orrori, ma anche a mutilare coscienze e identità. C’è da temerlo.

Lo faranno credere, ma il problema non è la religione (magari cattolica) o l’Islam in sé – anche se è difficile scovare due mussulmani che tolta la professione di fede nel Dio unico e nella missione profetica di Maometto abbiano la stessa visione pratica. Come dice giustamente Matteo Salvini, «un Pietrgangelo Buttafuoco non mi fa affatto paura». Ci mancherebbe, potremmo aggiungere. E in questa fase, non fanno neanche paura gli immigrati appena sbarcati, che di problemi ne hanno ben altri. Il problema sarà forse connesso al domani.

Sono da temere, infatti, gli esponenti della seconda generazione. Non è una caso che da Londra a Parigi, tutti gli «11 settembre europei» – per citare Ernesto Galli della Loggia dal Corriere – siano tutti figli di una integrazione che è fallita perché era impossibile da realizzare senza le dovute cautele. E se c’è qualche figlio d’immigrato che pensa oggi che imbracciare un fucile urlando frasi su Dio per darsi coraggio, sperando che sia quello il modo giusto per dare un senso alla propria esclusione sociale, bene: un mea culpa va fatto. E immediatamente. Soprattutto tra chi ha favorito un fenomeno, quello di una immigrazione melassa e anti umana, senza preoccuparsi degli effetti o magari danzandoci sopra.

Oggi l’Europa è ferita e tutto sembra più chiaro. Non è così, però. Sono troppi i sottor sottile della sinistra liberal ma anche di matrice cattolica che tentano di salvare il bambino facendogli ingurgitare litri di acqua sporca. Insomma, il problema c’è tutto e passa da un fenomeno migratorio che si è voluto gestire senza fermezza e programmazione, ma con fiumi di denaro – scusando l’incrocio –  passati poi da Mafia Capitale.

C’è poi un problema connesso, non all’Islam, ma alla sua predicazione. Occidente è Logos, tanto quanto il Cristianesimo. Ed è lo stesso Occidente che deve imporre che gli imam delle moschee siano qualificati, che abbiano studiato e che abbiano un percorso scientifico alle spalle. Insomma, che facciano teologia e seriamente. Certe scene di presunti esperti invitati a presenziare e parlare in nome di comunità islamiche spesso inesistenti, anche nelle nostre università, senza però che ne abbiano i contenuti, è un sipario imbarazzante.

Suvvia, è una certa ansia di dialogo che attraversa un consesso istituzionale troppo spesso debole ad aver creato caricature (non terroristi, per carità) di cui ne avremmo fatto volentieri a meno. Dialogare per dialogare non serve a nulla. Anche perché, chi si arma non ha mica tempo da perdere con il chiacchiericcio da salotto. Chiaro, no? Ciò detto «bisogna ripartire da Ratisbona», come invitava Mario Adinolfi. Peccato però che non ce ne sia più il tempo.

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Fernando Massimo Adonia

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