Charlie Hebdo. La satira dal mondo classico al jolly joker: non sparate sul giullare

jokerÈ vero: la satira di “Charlie Hebdo” era becera, offensiva e blasfema, ben oltre il cattivo gusto. Ed è anche vero che in un mondo come il nostro, dove l’Occidente ha alzato bandiera bianca e si crede di poter combattere “mettendo fiori nei cannoni” (frase che potete interpretare in tutti i sensi, vale comunque) fare gli spiritosi nei confronti dei sentimenti religiosi di gente che mentre distribuivano l’ironia loro erano in fila per le cinture esplosive, è come prendere a sassate un vespaio.

La satira fenomeno culturale e di costume millenario

Ma questa vicenda, tutti gli errori dell’Occidente che ne sono alla base, non può farci dimenticare un dettaglio della nostra civiltà, dettaglio che è anche la pietra tombale a tutti i relativismi e gli egualitarismi fra culture: in Occidente, fin dai tempi seminali di Roma, c’è sempre stato il diritto alla satira. Non solo a quella intellettuale e sofisticata, ma anche a quella più greve e gratuita. Il sacrosanto diritto a sfottere. A Roma c’era il comicus che durante i funerali, perfino quelli degli Imperatori (che, non dimentichiamo, dopo morti ricevevano l’apoteosi, erano dunque a tutti gli effetti delle divinità), prendevano per i fondelli il caro estinto, mentre le prefiche si strappavano i capelli poco più dietro. Il generale in trionfo veniva preso in giro dai propri soldati davanti alle folle in delirio. Durante i 13 secoli successivi l’Europa ha avuto la figura del buffone di corte, del giullare, del “matto”, legittimato a sfottere potenti e sovrani e a dire ridendo quello che l’etichetta e i cerimoniali impedivano (prudentemente) di esprimere.

Il jolly joker, il buffone di corte ha sempre rappresentato la valvola di sfogo dell’anima collettiva: limite ai potenti e coscienza critica. Una funzione salvifica e terapeutica per l’organismo collettivo. Alla “matta” tutto è concesso perché – per l’appunto – coi matti non si può ragionare, ma “Pulcinella scherzando dice la verità”.

Poi però l’Europa si è imborghesita. Ha rinchiuso i matti in manicomio e abolito il giullare assieme al re. Ha trasformato il carnevale da festa saturnina del rovesciamento dei ruoli in baracconata consumistica. L’Europa era seria, è diventata seriosa. E allora ci si divide anche sulla satira, fra contrapposti perbenismi. Quelli alla Voltaire e quelli alla oratorio parrocchiale, i primi determinati a morire (a chiacchiere) per difendere il diritto altrui a parlare, i secondi pronti a indignarsi farisaicamente per farsi vedere più pii agli occhi del mondo.

Non bisogna essere “tutti Charlie” perché “Voltaire ci ha insegnato la tolleranza” e altre scemenze borghesi del genere (scemenze, poi, guardacaso, sempre disposte a essere ritrattate quando si tratta di introdurre reati d’opinione come la cosiddetta “omofobia” o il “revisionismo storico”, in dirittura d’arrivo nel nostro democratico parlamento), bensì perché da europei dobbiamo ricordare quali sono le nostre radici. Il diritto a sfottere e il dovere d’abbozzare quando si viene sfottuti, uno dei pilastri – forse il meno considerato, e a torto – della nostra civiltà.

 

Emanuele Mastrangelo

Emanuele Mastrangelo su Barbadillo.it

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