Difesa. Tagli alle Forze Armate limitano la competitività del sistema Italia

mare nostrum immigrati1,3% del PIL: questo quanto l’Italia spenderebbe per il sistema Difesa. 44 miliardi di euro che a primo acchito possono sembrare molti, ma che in realtà sono appena sufficienti a garantire un apparato militare efficiente e non solo per la tutela del Paese. Da anni, infatti, le Forze Armate italiane sono impegnate in missioni di peace keeping, sicurezza e soccorso che impongono sia il mantenimento di standard qualitativi a livello di aggiornamento dei mezzi, sia l’uso di risorse tali da garantire incisività nelle aree in cui siamo chiamati ad intervenire.

LEONTE” – “L’Italia contribuisce alla pacificazione e alla ricostruzione del Libano con le migliori energie” (Naqoura, 23.12.2014). Con queste parole il Presidente del Senato Grasso ha commentato il ruolo italiano nell’ambito di UNIFIL nel sud del Libano, tra le più longeve missioni di peace keeping (dal 1978, nda)a cui partecipiamo e non con un ruolo di secondo piano: è un generale italiano, Luciano Portolano, ad avere la responsabilità delle operazioni in un angolo di mondo che rischia da un giorno all’altro di venire fagocitato dalla crisi umanitaria. Attiva con l’Operazione Leonte, l’Italia ha ricevuto attestati di stima sia dalle autorità di Beirut (non ultima, quella del Ministero della Difesa libanese il 16 dicembre scorso) sia da parte di Hezbollah (fra i maggiori partiti politici del Libano) per le elevate professionalità ed incisività dell’azione di controllo e di garanzia della sicurezza. Anni di lavoro che potrebbero vanificarsi, magari anche con una piccola e in apparenza inconsistente riduzione dei capitali destinati al mantenimento dell’apparato militare.

CONTRO L’ISIS – Dagli USA lo scorso settembre il Premier Renzi ha annunciato che l’Italia avrebbe partecipato alla coalizione anti Isis. E a novembre arriva la risposta del titolare della Difesa Roberta Pinotti: per la lotta al Califfato islamico, il Paese è pronto a schierare 135 militari, due droni, 4 Panavia Tornado (disarmati e con ruoli di ricognizione, nda) e un B767 per appoggio logistico. Considerato che il Tornado è un tipo di apparecchio progettato negli Anni 70, tenuto conto dei capitali che occorrono per mantenere efficiente e competitiva la flotta aerea di una nazione occidentale, viene da domandarsi se l’1,3% del PIL nazionale a garantire la competitività del nostro impegno internazionale.

MARE NOSTRUM/TRITON – 1,3%, vale a dire quanto spendono in armi ed equipaggiamenti anche Spagna, Germania e Canada.  Ma non lasciamoci ingannare da facili paragoni: le nazioni sopra citate non hanno, ad esempio, il nostro stesso grado di coinvolgimento alle attività di soccorso nel Mediterraneo. Dal 3 ottobre 2013 al I novembre 2014, Mare Nostrum è costata alle casse italiche circa 110 milioni di euro. Il passaggio a “Triton”, coordinata dall’UE, ha avuto un costo di 3 milioni per due mesi. Con Triton non siamo più soli. O forse no, perché al di là dell’aereo messo a disposizione dalla Finlandia, al di fuori della nave islandese e oltre alla “pronta partecipazione” enunciata dai governi di Madrid e di Berlino, sulle spalle di Roma continua a pesare il fardello più grosso, di coordinamento ed intervento in mare.

TAGLI ALLA DIFESA? “Il commissario europeo, la signora Malmstroem, nel dare il via all’operazione (Triton, nda), aveva detto testualmente: – Quella sul futuro di Mare Nostrum resterà in ogni caso una decisione italiana, ma appare chiaro che Triton non può e non intende sostituirsi. Confido che l’Italia continuerà ad assolvere i suoi obblighi-. Parole un po’ deludenti per il Mistero degli Interni, ma forse musica per quello della Difesa”chiosava, con un velo di sarcasmo, Mario Arpino sul Resto del Carlino di domenica 4 gennaio. Come interpretare quel “musica per la Difesa”? Il denaro per sostenere le operazioni andrà probabilmente alla Marina Militare, Forza Armata maggiore coinvolta in termini di uomini e mezzi. E in un momento di crisi come quello che viviamo, con gli stipendi dei militari bloccati e un equipaggiamento che ci teniamo stretto perché non abbiamo soldi sufficienti per aggiornarlo, Triton può rappresentare per la MM una boccata d’ossigeno. Ma una boccata appena: le nostre Forze Armate, chiamate a mantenere il ruolo del Paese nello scacchiere mondiale, rischiano di ridursi ad una “guerra tra poveri”. Con tutte le conseguenze del caso, in primis una imbarazzante perdita di competitività, tale da ridurre drasticamente il peso italiano nello scenario politico internazionale.

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