Giovani&lavoro. Lasciamo l’Italia. Ma prima mandiamo un Cv a Celli e De Rita

parentopoliQualche anno fa Pier Luigi Celli, direttore dell’Università Luiss, già membro dei consigli di amministrazione di Illy e Unipol, Direttore generale della Rai e membro del Cda degli aeroporti di Roma, lanciò un appello disperato al figlio Mattia dalle colonne di Repubblica: “Figlio mio, lascia questo Paese. Il tuo Paese non ti merita. Finiti i tuoi studi, scegli di andare dove hanno ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati”.

Qualche mese dopo, Mattia fu assunto in Ferrari e nessuno si prese la briga di spiegare a Celli che quell’Italia era (ed è) così malconcia per colpa non solo di politici incapaci.

Ma quante volte – oltre a inveire contro un sistema chiuso di caste ed allergico alla meritocrazia – siamo stati chiamati in causa perché, a differenza degli altri europei, non conosciamo le lingue, siamo poco propensi alla flessibilità del lavoro, a spostarci da casa nostra, ad accettare contratti a tempo determinato, eccetera. E sono molti gli istituti di ricerca che periodicamente ci rammentano queste manchevolezze. Tra di essi c’è il Censis, da quasi un cinquantennio svolge attività di studio e di ricerca, su lavoro, welfare e ambiente, e periodicamente denuncia mali e deficienze strutturali di una società sempre più disgregata e ripiegata su sé stessa, corrotta, assuefatta al familismo amorale e a pratiche losche.

Ma il Censis ha sempre avuto un qualcosa in più degli altri istituti. Non raramente ha tralasciato l’asetticità dei dati grazie ai commenti del suo Presidente Giuseppe De Rita sempre oscillanti tra il censorio e il moralizzatore.

In questi anni, quando De Rita, si apprestava a leggere (e spiegare) i risultati delle ricerche avevamo la sensazione dell’ennesima ‘tirata moralistica’. Ci sentivamo in colpa per non avere una preparazione adeguata ai tempi e causa prima per la disoccupazione imperante; perché non eravamo disposti a spostarci dall’altra parte del globo, a fare i lavori più umili che fanno gli extracomunitari, a lasciar perdere facoltà inutili come Filosofia, Lettere o Scienze politiche, bla bla.

Beh, cos’altro è successo di così eclatante? Nulla che non sia possibile in Italia.

Giorgio De Rita, figlio di Giuseppe, è stato nominato segretario generale e direttore generale del Censis e scelto in quel ruolo “dopo aver valutato una serie di CV” inviati da tantissime altre persone.

Va da sé che siamo tutti convinti che il CV di De Rita junior sia di tutto rispetto e che abbia le carte in regola per ricoprire quel ruolo, così come ha spiegato in maniera alquanto irritata il padre ad un giornalista de Il Fatto Quotidiano.

Intanto, a noi non resta che fare le valigie, dopo però aver mandato un CV a Celli e a De Rita. Di più non possiamo fare.

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Luigi Iannone

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